Nella sua Autobiografia scientifica (Bollati Boringhieri, 1979), Albert Einstein racconta che, sedicenne, si era immaginato a cavallo di un raggio di luce: se si potesse tenere il passo con il raggio, pensava, la luce apparirebbe ferma, con i suoi campi elettrici e magnetici congelati nell'immobilità. Una visione impossibile, proibita dalle equazioni di James Clerk Maxwell che descrivono le oscillazioni dei campi elettromagnetici, senza contare che nessuno ha mai avuto esperienza di una luce congelata!
«C'era in questo paradosso il germe della teoria della relatività speciale», scrisse Einstein nel 1947. Egli comprese infatti che il moto della luce è sempre identico, indipendentemente dalla vostra velocità: anche se state viaggiando quasi alla velocità della luce, il raggio viaggerà davanti a voi e rispetto a voi sempre alla stessa velocità, costante.
È questa l'idea che ha poi portato Einstein fino a un modo completamente nuovo di vedere l'Universo, attraverso le equazioni della Relatività speciale, con le loro previsioni straordinarie sull'elasticità del tempo è elastica e sull'immensa quantità di energia contenuta nella materia.
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