Scienze

Gli ominidi della "Culla dell'Umanità" sarebbero vissuti un milione di anni prima di Lucy

I fossili di ominidi del Sudafrica potrebbero risalire a 4 milioni di anni fa: sono dunque molto più antichi dell'australopiteco donna dell'Africa orientale.

Culla dell'Umanità di nome e forse anche di fatto. I resti di alcuni esemplari di Australopithecus rinvenuti nella grotta di Sterkfontein, un sito paleoantropologico in Sudafrica noto come la "Culla dell'Umanità", sarebbero molto più antichi di quanto si credesse.

Ominidi Prima di Lucy. Una ricerca scientifica che ne ha riesaminato l'età sfruttando un diverso metodo di datazione li colloca a quasi 4 milioni di anni fa: gli ominidi sarebbero vissuti persino prima di Lucy, la femmina di Australopithecus afarensis trovata ad Hadar, in Etiopia. Se la scoperta pubblicata su PNAS fosse confermata, avrebbe implicazioni importanti per lo studio dell'evoluzione umana. 

La culla dell'umanità. Nell'ultimo secolo di scavi il complesso di grotte calcaree di cui fa parte Sterkfontein, non lontano da Johannesburg, ha restituito centinaia di fossili di Australopithecus - inclusi lo scheletro quasi intatto di Little Foot, un australopiteco vissuto 3 milioni e 670mila anni fa, e il cranio fossile di un australopiteco denominato Mrs Ples, due celebrità della paleoantropologia. In totale questo insieme di cavità contiene un terzo dei primi fossili di ominidi trovati fino al 2010.

Homo sapiens - Focus 357  - luglio 2022
Se ti affascina l'evoluzione umana, leggi l'articolo Homo social di Marco Ferrari, pubblicato su Focus n.357 (luglio 2022). Perché non ti abboni? © Focus

A quando risalgono i fossili? Datare questi resti è però molto difficile. Basandosi sull'età di fossili animali trovati nelle vicinanze o delle concrezioni calcaree adiacenti si è arrivati a datazioni controverse, comprese tra i 2 milioni di anni fa, cioè prima della comparsa del genere Homo, e i 3 milioni di anni fa (l'australopiteco Lucy, trovato invece in Africa orientale, risale a 3,2 milioni di anni fa). Tuttavia, le concrezioni calcaree si possono formare sopra sedimenti più antichi e secondo alcuni scienziati non sempre costituiscono un metodo di datazione affidabile.

Un approccio diverso. La maggior parte dei fossili di australopiteco di Sterkfontein è stato rinvenuto in un deposito di riempimento (l'insieme dei sedimenti depositati nei vuoti carsici) chiamato Member 4. Nel nuovo studio il team guidato da Darryl Granger, Professore di scienze terrestri, atmosferiche e planetarie della Purdue University (USA), esperto di datazione di depositi geologici, ha applicato a questo deposito lo stesso metodo di datazione già usato per Little Foot: ha esaminato cioè il decadimento radioattivo (ossia la loro trasformazione in altri atomi) di due rari isotopi di alluminio e berillio nella roccia in cui erano rimasti sepolti i resti degli ominidi.

«Questi isotopi radioattivi, conosciuti come nuclidi cosmogenici, sono prodotti dalle reazioni dei raggi cosmici altamente energetici vicino alla superficie del suolo, e il loro decadimento radioattivo fornisce la datazione del momento in cui le rocce furono sepolte nella grotta, quando vi caddero assieme ai fossili» spiega Granger.

In pratica il metodo garantisce che lo strato di roccia in cui si trova il fossile da datare sia quello originario.

Quattro diversi crani di australopiteco rinvenuti nella grotta di Sterkfontein, in Sudafrica. © Jason Heaton, Ronald Clarke/Ditsong Museum of Natural History

Più indietro. Dalla nuova analisi è emerso che i sedimenti in cui si trovavano gli esemplari di Australopithecus erano tutti di un'età compresa tra i 3,4 e i 3,7 milioni di anni fa, la stessa di Little Foot: questi depositi risalgono cioè all'inizio dell'era degli australopitechi e non alla fine, come in precedenza ipotizzato. Un dato, questo, molto importante per comprendere la storia e i luoghi dell'evoluzione umana e il ruolo, in essa, del Sudafrica.

Potenziali antenati. Come spiega Dominic Stratford dell'Università di Witwatersrand (Sudafrica), coordinatore delle ricerche a Sterkfontein, «ominidi più recenti, inclusi il Paranthropus e il nostro genere Homo, compaiono tra i 2,8 e i 2 milioni di anni fa. Basandosi sulle datazioni precedenti, gli australopitechi sudafricani erano troppo "giovani" per essere loro antenati, e si pensava pertanto che Homo e Paranthropus si fossero evoluti in Africa orientale», se non in contemporanea, quasi.

Dal nuovo lavoro emerge invece che Homo e Paranthropus, i cui resti sono peraltro presenti nella grotta Culla dell'Umanità, vissero un milione di anni dopo gli australopitechi presenti nel Member 4 di Sterkfontein. Potrebbero dunque aver avuto tutto il tempo di evolversi qui in Sudafrica e non soltanto in Africa orientale come lungamente ritenuto. Se confermata, la scoperta riporterebbe i fossili di questo sito e il Sudafrica in generale al centro della storia dell'evoluzione dell'uomo.

6 luglio 2022 Elisabetta Intini
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