Partiamo dal "più una": «Le piante negli oceani producono la metà dell'ossigeno sulla Terra». A raccontarlo è Svein Sundby, ricercatore dell'Institute of Marine Research di Bergen (Norvegia), il più grande centro di ricerca d'Europa per le scienze dei mari. In un recente articolo pubblicato sul sito dell'istituto, a firma di Anders Jakobsen, Sundby ha svelato alcuni sorprendenti segreti sui mari, inclusi dati curiosi sulla loro età, sulla portata delle loro acque e sulla loro influenza sul clima. Ve li riportiamo, in un articolo tradotto e adattato dall'originale.
1. Quanta acqua c'è negli oceani? Sappiamo che gli oceani ricoprono il 71% della superficie terrestre, ma di quanta acqua stiamo parlando? Non spaventatevi, «è facile da stimare», risponde Sundby senza pensarci troppo: «la profondità media degli oceani è di 3,8 chilometri, e sappiamo che il 71% della superficie terrestre è ricoperto d'acqua. Quindi basta prendere la superficie terrestre, moltiplicarla per 0,71 e infine moltiplicare il risultato per 3,8 chilometri. Così si trova il volume».
Sundby esegue il calcolo con l'aiuto del cellulare. «Sì, fa 1.376.152.782 chilometri cubi, se assumiamo che la Terra è una sfera. La stima del volume dell'acqua negli oceani è di 1.376 milioni di chilometri cubi, ossia 1,38 miliardi di chilometri cubi. In termini di peso, sono 1,4 miliardi di miliardi di tonnellate».
2. Il peso dell'acqua. L'acqua di mare è «più o meno il 2,5% più pesante dell'acqua dolce: è una differenza sostanziale», afferma Sundby. Il peso dell'acqua dipende dalla sua temperatura e dalla salinità. Alta salinità e basse temperature daranno un'acqua più pesante. «L'acqua di mare più pesante, sapete dove si trova? Nel Mare di Norvegia», spiega lo scienziato. Lì l'acqua pesa più di 1,028 grammi per centimetro cubo.
«È incredibile pesante. Fu "prodotta" quando le acque salate dell'Atlantico si raffreddarono sulle sponde del Mare di Barents. Poi fluirono fino al Bear Island Trough, per giungere fino alle acque profonde del Mare di Norvegia». La più pesante acqua marina si formò negli anni '70, e si trova ancora su quel fondale, ma a causa del riscaldamento globale non è più così fredda: così, negli ultimi 30-35 anni non si è più formata nuova acqua profonda, in quell'area di mare.
3. I motori delle correnti oceaniche. Il Grande Nastro Trasportatore delle correnti oceaniche si chiama circolazione termoalina. «A muoverla è il raffreddamento dell'acqua relativamente salata della Corrente del Golfo, quando questa raggiunge le alte latitudini dell'Artico - dove l'acqua si fa più pesante, va in profondità e scorre lungo il fondale dell'intero Oceano Atlantico», spiega Sundby. La Circolazione termoalina tira la Corrente del Golfo verso la Norvegia, mentre i venti sudoccidentali la spingono verso di essa.
«Una tira e l'altra spinge. È come avere una locomotiva a entrambe le estremità di un treno.»
4. Il moto delle acque profonde. Le acque profonde provenienti dall'Artico e dal Nord Atlantico possono essere seguite e riconosciute dagli scienziati persino nelle profondità del sud Atlantico. Esaminando densità, salinità e temperatura di un campione di acqua è infatti possibile risalire alla sua provenienza, oltre che alla sua età - ossia da quanto tempo sta viaggiando.
«Le acque profonde dell'Atlantico sono relativamente giovani, perché la circolazione termoalina è così forte da rinnovarle costantemente. Ecco perché c'è un'alta concentrazione di ossigeno nell'Oceano Atlantico.»
5. Dove sono le acque più vecchie del Pianeta? Completamente diversa è la situazione dell'Oceano Pacifico, dove mancano le aree con le caratteristiche necessarie a formare acqua profonda. «Pertanto le acque profonde nell'Oceano Pacifico sono molto, molto più vecchie, e hanno una minore concentrazione di ossigeno. Le acque più basse, qui, possono avere più di duemila anni», spiega il ricercatore.
6. La Corrente del Golfo non si può invertire. Qualche anno fa si parlava della possibilità che la Corrente del Golfo cambiasse direzione a causa del riscaldamento globale. L'idea fu in parte alimentata dal film The Day After Tomorrow (2004), in cui il Pianeta entra in una nuova era glaciale a causa di un'inversione di importanti correnti oceaniche.
«Nella realtà non può accadere», spiega Sundby, «perché la direzione delle grandi correnti oceaniche è determinata dalle forme dei fondali che percorre e dalla rotazione terrestre. Per provocare un'inversione di rotta della Corrente del Golfo... la Terra dovrebbe iniziare a ruotare in senso opposto! Allora sì che la Corrente si invertirebbe, ma sarebbe come aspettarsi che la gravità agisca in direzione contraria, o che i fiumi inizino a scorrere verso i fiordi e le montagne».
Il clima, insomma, può influenzare la portata delle correnti, ma non la loro direzione.
7. Le aree di pesca più ricche. Lungo le coste ovest (occidentali) dei continenti avviene qualcosa di molto speciale: al largo della costa africana, e di quelle di nord e sud America, ci sono quattro correnti che, pur coinvolgendo meno del 2% dell'area totale degli oceani, forniscono il 20% del pescato mondiale. «Sono così produttive perché lì avviene la risalita delle acque oceaniche di profondità», spiega Sundby.
Gli oceani di tutto il mondo contengono enormi quantità di nutrienti a profondità al di sotto di 200 metri. Quando le correnti riescono a portare queste acque in superficie, la produzione di fitoplancton esplode, fornendo ai pesci una enorme quantità di cibo.
«A differenza di quanto accade nei mari del Nord, vicino a queste quattro correnti il fenomeno è costante, avviene cioè per tutto l'anno, perché la luce che serve al plancton non manca mai. Nei mari di Norvegia e di Barents, dove pure si pesca in abbondanza, si producono circa 100 grammi di carbonio al metro quadro all'anno - spiega Sundby - ma nelle aree di risalita si possono raggiungere e superare i 1.000 grammi. È un chilo di carbonio al metro quadro per anno: 10 volte quello che si trova nel Mare di Norvegia!»
8. Gli oceani catturano il 95% del global warming. Oltre a contenere grandi quantità di cibo, gli oceani sono anche enormi accumulatori di calore: si stima che finora abbiano assorbito il 95% dell'energia termica in eccesso risultante dalle conseguenze delle emissioni prodotte dall'uomo. Questo accade perché le acque oceaniche dispongono di un serbatoio di migliaia di metri di profondità, per dissipare energia termica. «Se la Terra fosse priva di oceani, l'impatto dei cambiamenti climatici di origine antropica sarebbe impressionante, e renderebbe la terraferma completamente inabitabile», afferma Sundby.
9. Il livello del mare non si alza per la fusione dei ghiacci, non ancora: «Finora si sono avute conseguenze sull'espansione dell'acqua che si riscalda, come avviene per un liquido in un termometro», spiega Sundby: «e soltanto il ghiaccio che si trova sulla terraferma contribuisce a innalzare, quando si scioglie, il livello dei mari. Il ghiaccio marino è già ghiaccio in acqua, quindi non contribuisce all'innalzamento».
Vi contribuiranno, invece, le calotte di ghiaccio di Groenlandia e Antartide: «Se tutto il ghiaccio della Groenlandia fondesse, il livello dei mari crescerebbe anche di 7 metri! Finora però se ne è sciolta soltanto una piccola frazione. Se però fondesse quello antartico, il livello del mare salirebbe di circa 70 metri. Ma non ci aspettiamo che accada, neanche con i cambiamenti climatici futuri. Fa così freddo, laggiù».
10. Perdiamo la capacità di isolare gli oceani dall'atmosfera. Il ghiaccio marino ha anche un'altra funzione, ugualmente importante: fa da strato isolante tra le "calde" acque artiche, che sono attorno ai 0 °C di temperatura, e l'aria esterna, che può raggiungere i -20, -30 °C. «Il ghiaccio si comporta come uno strato di lana di roccia (un materiale isolante): quando lo rimuovi, nell'aria di quelle zone si libera molto più calore. Ecco perché», conclude Sundby, «le temperature tenderanno a salire soprattutto nell'Artico. Se globalmente si innalzano di un grado, nelle aree più a nord del pianeta saliranno di due.»