Neutrini - Da dove arrivano i neutrini del Cern? La verità sul tunnel dei neutrini e tutti i segreti delle particelle più veloci della luce nel dossier La velocità della luce non è più un limite...
Opera, il rivelatore di neutrini costruito dentro al Gran Sasso, ha misurato il tempo di volo di un fascio di neutrini che hanno percorso i circa 730 chilometri che separano il Cern di Ginevra dai Laboratori dell'Infn del Gran Sasso e la differenza con il tempo impiegato dalla luce a percorrere la stessa distanza nel vuoto. Il risultato sorprendente, che attende nuove verifiche indipendenti, è che i neutrini sembrano muoversi a una velocità superiore a quella della luce, che per la teoria della Relatività Speciale è considerata un limite invalicabile.
Un dato del genere sembra non tornare con nulla di quanto fino ad ora trovato o immaginato ma, mentre il mondo attende una conferma o una smentita di questo esperimento, i teorici sono già al lavoro per trovare una risposta a questioni che potrebbero scuotere le fondamenta di molta della fisica conosciuta, cercando di esplorare tutte le vie che ammettono l'esistenza di una particella superluminale, ossia più veloce della luce.
Una ricerca sul più importante deposito di e-print di fisica (articoli in attesa di approvazione da parte della comunità scientifica), arXiv.org della Cornell University, mostra quanto rapida sia stata la reazione dei ricercatori: nelle due settimane seguite all'ormai famoso annuncio dei neutrini più veloci della luce sono stati pubblicati quasi ottanta lavori. È in pratica una... "discussione" articolata, condotta tra chi analizza i dettagli dell'esperimento del Cern per scovare qualche imprecisione nelle analisi dei dati e chi invece prende per buone le misure e ne propone una spiegazione, magari alla luce di qualche teoria che non ha avuto ancora conferme sperimentali.
I teorici cominciano a macinare analisi e modelli ed è di questo che si è parlato il 14 ottobre al Cern in un Exceptional Seminar di Luis Alvarez-Gaume, Gian Giudice, Georgi Dvali e Martin Sloth dal titolo "Theoretical assessment of the Opera report and its possible implications" (valutazione teorica e possibili implicazioni dell'esperimento Opera) durante il quale si è provato a rispondere ad alcune fondamentali domande, prima fra tutte se la misura di Opera implica una violazione della simmetria di Lorentz, se cioè è davvero arrivato il momento di andare oltre la Relatività di Einstein.
MINOS Invierà un fascio di neutrini dal Fermi National Accelerator Laboratory di Chicago a un rivelatore di 6.000 tonnellate posto in una ex miniera di ferro a oltre 720 chilometri di distanza nel nord del Minnesota.
K2K I neutrini viaggeranno per circa 290 chilometri attraverso il Giappone, dall’acceleratore KEK di Tsukuba al rivelatore Super-Kamiokande di Kamioka.
In attesa di conoscere i risultati del seminario, qualche indizio su cosa si è detto a Ginevra lo possiamo trovare proprio in un recente lavoro di Gian Giudice (Interpreting Opera results on superluminal neutrino, con Sergey Sibiryakovb e Alessandro Strumia) che mostra come le misure di Opera non siano in disaccordo con gli altri test sperimentali sulla Relatività Speciale ma richiedano piuttosto delle assunzioni molto particolari sulla differenza relativa tra la velocità dei neutrini e quella della luce nel vuoto che possono essere giustificate solo con l'introduzione di un neutrino sterile, detto così perché immune alla forza debole del Modello Standard (la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni) ma comunque interagente con la gravità. Si tratta però, per alcuni critici, di un'ipotesi ad hoc che può spiegare solo il risultato di Opera, e dunque un'ipotesi probabilmente da scartare.
Abbiamo dunque bisogno di altre risposte, ma se proviamo a rovistare in tutto quello che è stato pubblicato fino a oggi, scopriamo un labirinto di idee teoriche, a volte bizzarre, dal quale è necessario provare a estrarre i contributi più rilevanti che permettano di fare un po' di chiarezza.
Pochi secondi prima delle 7:35:40 UT del 23 febbraio 1987, due o tre ore prima che la luce generata nel collasso della stella supergigante blu Sanduleak nella Grande Nube di Magellano (la supernova SN1987A, a 168 mila anni luce di distanza) raggiungesse la Terra, una scarica di neutrini veniva registrata dai rivelatori Kamiokande II (Giappone), IMB (Ohio, Usa) e dal telescopio neutrinico Baksan nelle montagne del Caucaso del Nord della Russia.
Quelle osservazioni (oggi nuovamente sotto esame) furono però contestate a causa della scarsa accuratezza nella raccolta dei dati relativamente ai tempi impiegati da luce e neutrini per raggiungere la Terra, in quanto non erano l'oggetto principale della ricerca.
Cominciamo da chi, analizzando i dati di tutti gli esperimenti precedenti, da MINOS a quelli della supernova SN1987A, esclude il comportamento superluminale. Sheldon L. Glashow, Nobel 1979 per la fisica (assieme a Steven Weinberg e Abdus Salam per la teoria elettrodebole), e Andrew G. Cohen hanno subito messo in dubbio la veridicità delle misure di Opera (New Constraints on Neutrino Velocities). Secondo Glashow e Cohen, se i neutrini superluminali esistessero davvero, dovrebbero decadere in altre particelle il cui tasso di produzione è però tale che un neutrino superluminale che parte dal Cern perde gran parte della sua energia prima di raggiungere il Gran Sasso, in palese contraddizione con il fatto di averli invece ritrovati in Italia senza che questa energia sia andata perduta. Quello di Cohen e Glashow è un tentativo di usare la teoria per confutare i risultati di un esperimento e di mostrare come dei fatti sperimentali noti possano essere in disaccordo con risultati sperimentali inattesi.
SCORCIATOIE NELLO SPAZIO-TEMPO Se il fenomeno dei neutrini superluminali è reale, e prendiamo per buona l'analisi di Cohen e Glashow, allora il fenomeno stesso può essere compreso solo in un quadro da cui emerge un nuovo paradigma. Possiamo ad esempio immaginare l'esistenza di un sistema di riferimento privilegiato o di extra-dimensioni, oltre le quattro ordinarie, che nascondono scorciatoie che la materia può prendere per arrivare prima a destinazione, pur rispettando il limite di velocità, o addirittura invocare l'esistenza di un campo di cui la Terra è sorgente, come il campo gravitazionale, che sia responsabile della propagazione superluminale del neutrino: una specie di quinta forza fondamentale, simile alla gravità ma più a lungo raggio, che cambia la geometria dello spazio-tempo.
La Relatività Speciale postula che le leggi della fisica debbano essere invarianti per trasformazioni di Lorentz: queste sono trasformazioni delle coordinate spazio-temporali che vennero introdotte per risolvere le contraddizioni tra meccanica classica ed elettromagnetismo e che, da un punto di vista matematico, comprendono rotazioni e trasformazioni fra sistemi inerziali in moto relativo.
La Relatività Generale include questa invarianza nel principio di equivalenza stabilendo che le leggi della fisica assumono la stessa forma in tutti i laboratori in volo libero di dimensioni sufficientemente piccole e avendo cura di effettuare osservazioni per un tempo sufficientemente ridotto.
Questa è nota come Invarianza Locale di Lorentz e sulla sua supposta violazione si sono concentrati alcuni studi recenti, tra questi l’analisi di Fabio Cardone del Cnr e di Roberto Mignani e Andrea Petrucci dell'Università "Roma Tre" (Neutrinos superluminality and Local Lorentz Invariance): il lavoro mostra come il vincolo sulla differenza relativa tra la velocità dei neutrini e quella della luce nel vuoto per l'esperimento Opera sia compatibile con i risultati di altri test sperimentali svolti in passato. Sul lavoro di Cardone vedi anche Neutrini e pizzini.
Giovanni Amelino-Camelia, fisico dell'Università La Sapienza di Roma, sostiene invece che il fenomeno possa essere spiegato evitando una rottura drastica dell'invarianza di Lorentz, che sia cioè possibile superare il limite della velocità della luce nel vuoto operando una modifica opportuna della relazione tra la velocità e l'energia delle particelle. Tale modifica preserva l'invarianza di Lorentz, non la rompe ma la "deforma" soltanto (Opera neutrinos and relativity, un lavoro scritto con Lee Smolin e altri collaboratori).
Amelino-Camelia, un fisico molto noto, teorico della relatività doppiamente speciale e del principio di località relativa, ritiene che questo fenomeno, se provato, potrebbe rappresentare un'indicazione interessante per una conferma delle sue ipotesi. La sua teoria, che eleva al rango di costante fisica fondamentale la lunghezza di Planck, la più piccola distanza oltre la quale il concetto di dimensione perde ogni significato fisico, in aggiunta alla velocità della luce nel vuoto (per questo è "doppiamente" speciale), immagina un universo in cui il vuoto risponde come un mezzo in cui si propaghi un'onda e che quindi ha una risposta differente a seconda dell'energia della particella che lo attraversa.
IL NEUTRINO IMMAGINARIO DI MAJORANA Si affidano invece a teorie antiche e consolidate Fabrizio Tamburini e Marco Laveder, dell'Università di Padova, secondo i quali Einstein non ha alcun bisogno di essere messo in discussione dalle misure di Opera e il moto superluminale ha una spiegazione "antica" nella teoria proposta nel 1932 da Ettore Majorana (Apparent Lorentz violation with superluminal Majorana neutrinos at Opera?). Tamburini e Laveder spiegano come le equazioni di Majorana, se si tiene conto della propagazione del neutrino in un mezzo denso e non nel vuoto, offrano una particolare soluzione alla discussione: un neutrino dotato di massa immaginaria (una massa il cui quadrato sia un numero negativo) che viaggia a velocità superluminali. È dunque la materia che viene attraversata dalle particelle che è responsabile del fenomeno, una situazione che ricorda quella suggerita per i fotoni nei metamateriali.
NON CI RESTA CHE ATTENDERE I neutrini hanno insomma una fenomenologia complessa e sono sempre stati causa di grandi polemiche sin dalla loro predizione, nel 1930, dovuta a Wolfgang Pauli. L'esperimento del Cern e dei Laboratori del Gran Sasso ha aggiunto un tassello a questa discussione, ma la costruzione di una nuova teoria è un'operazione faticosa e ha bisogno di dati certi su cui fondarsi. Questo non esclude che le analisi teoriche possano essere d'aiuto agli sperimentali ma, se il fenomeno è reale, la sua spiegazione non potrà che essere generale e indicarci se per davvero siamo sulla soglia di una nuova rivoluzione scientifica, pari a quella che a fine Ottocento ci ha proiettato nella modernità.