Scienze

Mondiali di calcio: perché l'altitudine fa paura

Molte partite del mondiale sudafricano si giocheranno in alta quota: fatica e mal di montagna fanno paura più delle accelerazioni di Ribery e delle punizioni di Rooney. E come se non bastasse ci si mette anche il pallone, che in montagna si comporta in modo strano e imprevedibile. Come si preparano i campioni? Ogni allenatore ha la sua ricetta segreta e qualcuno punta sulla tecnologia.

Focus.it, 10 giugno 2010


Provate a correre per 90 minuti a 1.700 metri di altezza. Vi viene il fiatone solo a pensarci? Consolatevi: anche gli sportivi professionisti per affrontare una simile prova hanno bisogno di una preparazione specifica, come quella alla quale si sono sottoposti nelle ultime settimane i calciatori delle 32 nazionali che tra poche ore, in Sud Africa, daranno il via alla FIFA World Cup. È la prima volta dopo Messico '86 che molte partite del Mondiale si giocheranno in alta quota, in stadi costruiti tra i 700 e i 1700 metri di altezza.
Ma cosa succede al nostro fisico durante uno sforzo in alta montagna? Perchè ci sembra che "manchi l'aria?" E come si alleano i professionisti per affrontare una partita a queste altitiduni?

Alle origini del fiatone
Uno studio condotto nel 2007 dai medici della FIFA in previsione del Mondiale in Sud Africa ha dimostrato che i primi effetti dell'altitudine si fanno già sentire in collina, a aoli 500 metri. Mancanza di fiato, scarsa resistenza allo sforzo e aumento del ritmo cardiaco sono i sintomi più comuni, che diventano sempre più evidenti all'aumentare dell'altezza. A 2000 metri, senza un opportuno periodo di acclimatamento, possono manifestarsi i sintomi del mal di montagna: vertigini, nausea, astenia (cioè la riduzione della forza muscolare). A 3000 la performance sportiva subisce un radicale crollo.
Gli effetti negativi dell'altitudine sono principalmente riconducibili ai minori livelli di ossigeno presente nell'aria e quindi nel sangue: in montagna occorre inalare più aria per ricavare la stessa quantità di ossigeno che si avrebbe al livello del mare. Ecco perchè quando si corre in quota ci si affatica di più e in meno tempo. Ma tutto questo rischia di invalidare il verdetto sportivo del Mondiale? Secondo gli esperti della FIFA no, nessuna delle partite si giocherà a più di 2000 metri e tutti i team risideranno in quota durante il torneo.

Le bici di Lippi, gli sci di Domenech e le tende di Capello
"Quello che mi preoccupa del Sudafrica non sono le strutture, che ritengo perfette come l’organizzazione, ma l’altitudine" ha dichiarato qualche settimana fa ai media Marcello Lippi, il commissario tecnico della nazionale azzurra. E per preparare al meglio i suoi 24 atleti li ha portati per 10 giorni al Sestriere, dove si sono allenati con camminate in montagna e mountain bike. La permanenza in altura per periodi prolungati permette al fisico di acclimatarsi: aumenta la concentrazione di emoglobina e quindi la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Ma 10 giorni sono sufficienti? "Per potenziare la capacità aerobica servirebbe un periodo di permanenza in quota più lungo" ha detto ai giornalisti qualche giorno fa il professor Carlo Tranquilli, direttore dell' Istituto di Medicina sportiva del CONI. "Il vantaggio della maggiore ossigenazione del sangue si perde rapidamente una volta tornati al livello del mare - spiega il professor Tranquilli - ma bisogna anche fare i conti con il tempo di cui Lippi dispone, difficilmente poteva fare scelte diverse".
Altri allenatori hanno adottato strategie differenti: il francese Raymond Domenech ha portato i suoi calciatori ad arrampicarsi con gli sci su un ghiacciaio alpino, mentre Fabio Capello, mister dell'Inghilterra, secondo quanto riportato dal quotidiano Daily Mail avrebbe fatto dormire per settimane i calciatori di Sua Maestà dentro speciali tende ad atmosfera controllata con un basso contenuto di ossigeno.

E dopo il fisico... la fisica
Ma non è solo la condizione atletica dei calciatori a risentire dell'effetto-montagna: anche il pallone e le sue traiettorie sono influenzati dall'altitudine. E si tratta di un condizionamento importante, visto che può fare la differenza tra un gol e un tiro a vuoto. Vediamo perchè. Man mano che si sale l'aria diventa sempre più rarefatta: la pressione, e quindi la densità, diminuiscono dell'11% ogni 1000 metri. E anche le variazioni di temperatura influiscono sulla densità dell'aria, che diminuisce del 3% ogni 10°C. Ciò significa che in una normale sera invernale del giugno sudafricano, la densità dell'aria di Cape Town (pianura, 7°C) può essere del 20% più alta rispetto a quella misurabile a Johannesburg (1710 metri, 11°). Ma come influisce tutto questo sul pallone? Immaginiamo un tiro in porta da 18 metri: in pianura il pallone, che mediamente viaggia a 22,8 metri/sec (82 km/h) raggiunge la rete in 0,817 secondi. Lo stesso tiro, a 1700 metri di quota, arriva in porta in 0,801 secondi. Si troverà quindi più avanti e più in alto del pallone di pianura e si schianterà mestamente contro la traversa, poichè gli è mancato il tempo di abbassarsi a sufficienza per gonfiare il sacco. La palla insomma, in montagna viaggia più veloce. Un bel problema soprattutto per i portieri, che devono reagire in tempi molto più rapidi, e per chi si trova a battere le punizioni ad effetto: per aggirare una barriera occorre infatti colpire la palla molto più in basso e imprimerle una maggior rotazione rispetto a quanto accade in pianura. I giocatori dovranno quindi non solo abituare il fisico all'altitudine, ma addestrare anche i propri piedi.
Uno studio condotto da Patrick McSharry dell'Univeristà di Oxford su 1460 partite giocate in Sud America tra il 1900 e i il 2004 ha dimostrato che non è tanto l'altitudine ad influenzare i risultati, ma i repentini cambiamenti di quota che "confondono" le doti balistiche dei calciatori. Il mondiale dell '86 fu vinto dall'Argentina di Maradona che giocò tutte le partite in stadi sopra i 2000 metri.

Vuoi sapere come si batte la punizione perfetta? Te lo spieghiamo in questo video.

10 giugno 2010
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