Osservandoli a occhio nudo sembrano minuscoli granelli di sabbia di appena mezzo millimetro di diametro, ma il microscopio a raggi X li mostra per ciò che realmente sono: un ammasso di centinaia di migliaia di cellule. I fossili di Caveasphaera, un organismo risalente a 609 milioni di anni fa, vennero scoperti all'inizio del nuovo Millennio nel Weng'an biota, deposito fossilifero della Cina del Sud; ancora oggi, però, gli esperti faticano a dare una definizione univoca a questa misteriosa creatura.
Se da un lato c'è chi, come i ricercatori che hanno partecipato al nuovo studio pubblicato su Current Biology, sostiene che si tratterebbe del più antico embrione animale mai ritrovato, dall'altro c'è chi suggerisce che potremmo avere a che fare con un semplice ammasso di batteri. «Ci sono ancora diversi dubbi», afferma David Bottjer, paleontologo della University of Southern California non coinvolto nello studio. «Alla domanda 'si tratta di un animale?' la risposta è 'mah, forse sì, forse no'».
Prima dell'esplosione. È il 2014 quando il paleontologo Philip Donoghue (Università di Bristol, UK) decide con alcuni colleghi di studiare più approfonditamente i fossili di Caveasphaera. Utilizzando una tecnica chiamata nanotomografia (che si serve di raggi X per creare sezioni trasversali di un oggetto tridimensionale), gli studiosi ricavano delle immagini nelle quali i fossili sembrano corrispondere a diversi stadi di sviluppo di un embrione.
Se così fosse, la scoperta rafforzerebbe ulteriormente la teoria secondo la quale l'antenato di tutti gli animali risalirebbe a 750 milioni di anni fa: molto prima, quindi, dell'esplosione cambriana, l'evento che in paleontologia segna la comparsa di creature animali complesse, collocabile attorno a 530 milioni di anni fa e avvenuta in un arco di tempo ristretto (su scala geologica).
Embrione o batteri? La teoria è, però, ancora solo un'ipotesi: gli stessi esperti a capo della ricerca si mostrano cauti. «Mi piacerebbe tantissimo che si trattasse di animali» afferma Donoghue, «ma potrebbero essere davvero qualunque altra cosa». Anche Nicholas Butterfield (paleontologo dell'Università di Cambridge che non ha partecipato allo studio) è scettico: «Potremmo anche trovarci di fronte a un semplice ammasso di batteri: le somiglianze sono incredibili». Donoghue però è fiducioso, ed è convinto che il tempo darà tutte le risposte: «I dati sono lì, aspettano solo di venire analizzati. Non stiamo parlando di un mastodonte ritrovato in un continente sperduto! Dobbiamo semplicemente studiare il materiale che abbiamo per un altro paio d'anni».