Scienze

Gli scarabocchi di Leonardo da Vinci

In alcuni manoscritti di Leonardo da Vinci, finora sottovalutati, sono emersi i suoi studi sull'attrito: le sue deduzioni sono ancora oggi valide.

Nonostante il gran numero di studi eseguiti sui lavori di Leonardo da Vinci, alcuni di essi, ritenuti di “secondaria importanza”, sono ancora in grado di riservare delle sorprese.

Ian Hutchings, ricercatore all’università di Cambridge, ha dimostrato che una pagina che fino ad oggi si riteneva contenere poco più che una serie di scarabocchi, in realtà celava le prime riflessioni sulle leggi che governano l’attrito, elaborate dal grande scienziato del Rinascimento.

Tra i Codici di Leonardo, in pagine ritenute di secondaria importanza sono emerse ricerche sull'attrito.

Era noto che Leonardo si fosse avvicinato anche a questa campo di studi, ma se ne sapeva ben poco, in particolare su quando elaborò questi studi e a cosa portarono.

Grazie a Hutchings si è potuto stabilire che le ricerche iniziarono nel 1493, quando Leonardo aveva 41 anni.

Dalle leggi all'applicazione. La pagina su cui Leonardo stese le prime ricerche sull’attrito vennero studiate per la prima volta agli inizi del secolo scorso, soprattutto per una frase che compare in alto nel foglio e che recita cosa bella mortal passa e non dura.

In virtù di questa annotazione la pagina venne considerata di “poco conto” dal direttore di un museo che nel 1920 la analizzò, e fu messa in disparte.

La pagina più importante dello studio venne analizzata nel 1920 e considerata di poco valore.

A distanza di quasi un secolo Hutchings ha deciso che valesse la pena ridare un’occhiata a quella pagina e ha così scoperto che gli “scarabocchi” sono, in realtà, disegni di una serie di pesi che scivolano su un piano inclinato appesi a una puleggia, un esperimento che potrebbero realizzare anche gli studenti dei nostri giorni per studiare le leggi dell’attrito.

«Dagli appunti si capisce che Leonardo aveva dedotto che la forza dell’attrito che agisce tra due superfici di scorrimento è proporzionale al carico che agisce sulle superficie stesse, e che l’attrito è indipendente dall’area di contatto tra le due superfici. Sono esattamente le leggi sull’attrito che usiamo anche ai nostri giorni», ha commentato Hutchings. Secondo il ricercatore, Leonardo utilizzò queste conoscenze per delineare progetti di macchine complesse nel corso dei decenni successivi.

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30 luglio 2016 Luigi Bignami
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