Presto chi lavora nell'ambito del disarmo nucleare o nella gestione di rifiuti radioattivi potrebbe avere uno strumento in più su cui contare. Un gruppo di ricercatori statunitensi sta testando la funzionalità di una tecnica per rintracciare la passata presenza di ordigni o scorie in un luogo, anche dopo che questi sono stati spostati.
Il metodo messo a punto dagli ingegneri nucleari della North Carolina State University consentirebbe di individuare in un ambiente le tracce di una bomba sporca (un ordigno costituito da materiale radioattivo che viene disperso da esplosivo convenzionale) persino dopo un anno dalla sua rimozione.
Fuori posto. La tecnica si basa sul fatto che le radiazioni modificano la disposizione degli elettroni di valenza (quelli del guscio energetico più esterno dell'atomo) nei materiali isolanti di un ambiente, come mattoni e ceramica. Analizzando vari campioni di questi materiali si può capire se quell'ambiente ha ospitato materiali radioattivi e, a grandi linee, di quali dimensioni e dove fossero disposti.
Di che tipo? Poiché le diverse fonti radioattive hanno anche una differente distribuzione di raggi gamma, raggi X e altre forme di radiazioni elettromagnetiche, e poiché ogni forma di energia penetra nei materiali isolanti con diversa intensità, analizzando i campioni a varie profondità è possibile capire di che tipo di materiale radioattivo si trattasse.
Si può cioè distinguere, anche se non in modo del tutto preciso, se in quel luogo fossero presenti scorie nucleari naturali, di origine medica, industriale o sotto forma speciale (usati per fabbricare ordigni nucleari).
Che cosa significa. La tecnica è perfezionabile, ma in un mondo segnato dagli sforzi di non proliferazione nucleare - e dai tentativi di aggirarli - poter contare su una simile traccia potrebbe voler dire assicurarsi che i materiali pericolosi non possano più essere del tutto nascosti.