Dimmi che cosa c'è sul tuo smartphone... e ti dirò chi sei: dalle tracce chimiche che lasciamo sul telefono si possono dedurre molti più dati sul nostro stile di vita di quanto credessimo. È quanto emerge da uno studio dell'Università della California di San Diego appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Ritratto indiretto. L'analisi delle molecole presenti sul telefonino rivela informazioni su abitudini alimentari, prodotti per l'igiene personale utilizzati, condizioni di salute e luoghi visitati: un quadro generale che, benché non preciso come quello offerto dalle impronte digitali, potrebbe risultare molto utile nell'ambito delle scienze forensi, e non solo.
Dure a svanire. In uno studio del 2015, Pieter Dorrestein dell'Università della California a San Diego, aveva realizzato una mappatura in 3D delle molecole e dei microbi presenti in centinaia di punti della pelle umana; nonostante il "divieto" imposto ai volontari di usare prodotti per l'igiene nei tre giorni prima del test, il ricercatore aveva notato che gran parte delle tracce molecolari campionate proveniva comunque dai cosmetici e dalle creme più frequentemente usati.
A ogni traccia un nome. Da qui l'idea di controllare se gli oggetti più comunemente toccati, come il cellulare, potessero offrire una gamma di dati altrettanto importante. Per questa più recente ricerca, Dorrestein ha reclutato 39 adulti sani e prelevato campioni chimici da 4 punti della superficie dei loro cellulari, più 8 punti sulla loro mano destra, per un totale di circa 500 campioni.
Con una tecnica chiamata spettrometria di massa il gruppo ha identificato le molecole, anche confrontandole con un precedente database elaborato dagli stessi ricercatori.
Cibo e medicinali. Le molecole così individuate sono così state ricondotte a medicinali antinfiammatori, antidepressivi o antimicotici, a trattamenti anticaduta per i capelli o a colliri; alla recente assunzione di cibi speziati, caffeina o limone; ma anche a creme solari o antizanzare assunti diversi mesi precedenti.
«Analizzando le molecole lasciate sui cellulari sapremmo dire se il proprietario è una donna, se usa cosmetici di fascia alta, se si dinge i capelli e beve caffè, se preferisce la birra al vino, se apprezza cibi piccanti, si sta curando per la depressione, usa solari o repellenti per insetti, e quindi se passa molto tempo all'aperto» dicono i ricercatori.
Le ricadute. Queste informazioni potrebbero tornare utili nelle indagini delle polizie scientifiche, sulle scene del crimine in cui manchino tracce genetiche o impronte digitali, o nel caso in cui queste non rimandino a nessun profilo noto.
Arricchendo il database e analizzando le molecole lasciate su altri oggetti personali, come chiavi e portafogli, si potrebbero affinare le indagini.
Ma la stessa tecnica potrebbe essere utilizzata in studi medici o ambientali, per capire per esempio quanto una persona stia metabolizzando i medicinali assunti, o quanto a lungo sia stata esposta a sostanze inquinanti.