Anche se i geni fanno la loro parte, il 40% dell'intelligenza di adulto della nostra specie sembra dipendere da fattori ambientali. In altre parole, le abitudini giocano un ruolo importante nel determinare le nostre strutture di ragionamento e il modo di affrontare le decisioni.
Ecco perché la vita quotidiana delle più grandi personalità scientifiche desta da sempre grande curiosità: è possibile rintracciare nei passatempi e nelle piccole manie dei geni le radici della loro intelligenza? BBC Future ci ha provato con Albert Einstein: seguiteci in questo esperimento, prima di arrivare a una conclusione.
10 ore di sonno (e pure i pisolini). Il sonno, ormai lo sappiamo, è un toccasana per il cervello, indispensabile per le nostre capacità di problem solving. Einstein sembrava prendere questa regola alla lettera: dormiva almeno 10 ore a notte - una volta e mezzo l'americano medio di oggi - e si concedeva regolari, ma fulminei pisolini: si racconta che prendesse sonno in poltrona con un cucchiaino sulla mano. Quando i muscoli si rilassavano e la posata cadeva rumorosamente a terra, era il momento di svegliarsi.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato come, dopo 8 ore di dormita, la capacità di intuizione matematica migliori in modo netto. Durante il sonno, ogni 90-120 minuti, il cervello alterna fasi di sonno leggero, sonno profondo e sonno REM (caratterizzato da rapidi movimenti oculari e associato ai sogni).
Se il sonno REM è fondamentale per il consolidamento della memoria, quello non-REM, che occupa il 60% della notte, è caratterizzato da rapide scariche di attività cerebrale - i cosiddetti fusi del sonno - che causano fluttuazioni a zig-zag sui tracciati dell'elettroencefalogramma.
Il principale responsabile di questi picchi di attività elettrica è il talamo, una struttura cerebrale che attraverso queste scariche, come una sorta di "tappo per le orecchie", inibisce l'elaborazione di informazioni non necessarie evitando l'interruzione del sonno. Più a lungo si dorme, più fusi del sonno si verificano; e questi eventi sono stati collegati a un tipo di intelligenza fluida, incline a usare la logica per destreggiarsi in complessi ragionamenti.
Ma sono i fusi del sonno che rendono intelligenti, o è l'essere intelligente che spinge a dormire di più? Non lo sappiamo: quel che è certo è che Einstein non si faceva mancare generose sessioni di dormite.
Una camminata al giorno... Le passeggiate quotidiane erano un ingrediente immancabile nella routine di Einstein, che quando lavorava a Princeton (nel New Jersey) percorreva a piedi i 2,4 km andata e ritorno che lo separavano dall'università. Ormai un malloppo di studi scientifici ricollega i passatempi non accademici, e camminare soprattutto, a benefici per la creatività.
Costringere il cervello a concentrarsi sul mettere un piede davanti all'altro e focalizzarsi su un'azione concreta in atto, favorisce una condizione detta ipofrontalità transitoria: mentre il pensiero consapevole e l'elaborazione delle informazioni vengono inibite, si favorisce l'intuizione creativa. Anche a quelle passeggiate, dunque, la scienza deve molto.
A pranzo, spaghetti. A chi gli chiedeva cosa amasse dell'Italia, Einstein un giorno rispose: «Gli spaghetti e Levi-Civita» (Tullio Levi-Civita fu un importante matematico, che diede un contributo fondamentale alla Teoria della Relatività generale). Un po' poco, per affermare che il fisico tedesco avesse una dieta ricca di carboidrati: comunque, il cervello consuma il 20% dell'energia totale richiesta dal corpo, nonostante costituisca soltanto il 2% del suo peso. I neuroni preferiscono zuccheri semplici, come il glucosio che si ottiene demolendo carboidrati.
Tuttavia, quando i livelli di glucosio calano, il cervello rimane improvvisamente a corto di energia (da qui la confusione e il mal di testa di quando saltiamo la cena). Inoltre, la dose di carboidrati fornita da un piatto di spaghetti potrebbe risultare un po' eccessiva, per lanciarsi subito in ragionamenti complessi (i massimi benefici energetici per il cervello si raggiungono a 25 g di carboidrati). In questo caso, è difficile arrivare a una conclusione.
L'immancabile pipa. Le elucubrazioni di Einstein erano quasi sempre accompagnate da lunghi sbuffi di tabacco da pipa: in tempi in cui ancora dei danni del fumo si parlava poco, lo scienziato riteneva che questa abitudine contribuisse alla lucidità del ragionamento. Erano gli anni '40 ed è verosimile pensare che Einstein fosse un genio nonostante questo vizio, e non a causa di esso.
Oggi infatti sappiamo che il fumo assottiglia la corteccia cerebrale, depriva il cervello di ossigeno e ostacola la crescita dei neuroni. Anche se un'analisi su 20 mila adolescenti americani ha dimostrato che i più intelligenti da bambini, quando crescono, tendono più spesso a fumare, non è vero dappertutto: in Gran Bretagna, i fumatori tendono ad avere un QI più basso.
Un genio a piedi nudi. Sulla sua bizzarra abitudine di andare in giro senza calzini, Einstein candidamente spiegava di essersi accorto che il suo alluce creava sempre un buco nelle calze, e di aver deciso pertanto di far a meno di coprirsi i piedi. Non ci sono studi scientifici che dicono che lasciare le estremità scoperte stimoli l'intelligenza. Anzi, passare da un abbigliamento formale a uno più casual è stato collegato a peggiori rendimenti nei compiti di pensiero astratto. Insomma anche in questo caso inutile arrampicarsi sugli specchi: come diceva Einstein, la curiosità esiste per ragioni proprie.