Nel giro di qualche anno la sicurezza aeroportuale sarà affidata a plotoni di piante addestrate a riconoscere esplosivi e armi chimiche. Ecco i dettagli di un curioso progetto del Dipartimento della Difesa americano.( Focus.it, 11 febbraio 2011)
Dimenticatevi body scanner, nasi elettronici e tecnologie da film di James Bond: la nuova frontiera della lotta al terrorismo passa... per l’orto. Una biologa dell’ Università del Colorado, con la collaborazione del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, è infatti riuscita a mettere a punto una pianta capace di rilevare gli esplosivi.
Orchidee da guardia?
«Le piante non possono scappare di fronte al pericolo», ha spiegato qualche giorno fa ai media June Medford, la responsabile del progetto, «se vengono attaccate devono reagire». Quando una pianta viene per esempio infestata da un parassita, inizia a secernere alcune sostanze chiamate terpeni il cui compito è quello di ispessire lo strato protettivo esterno del fogliame rendendolo più resistente.
In questo meccanismo giocano un ruolo chiave alcuni recettori proteici che si trovano nel DNA del vegetale: sono loro che avvertono il pericolo e scatenano la risposta difensiva della pianta.
La Medford e il suo team hanno sviluppato un modello computerizzato che permette loro di manipolare queste proteine rendendole reattive ai componenti chimici di esplosivi, sostanze tossiche, veleni e inquinanti vari.
Bianche di paura
Dal punto di vista pratico, quando la pianta OGM percepisce la presenza di esplosivi diventa improvvisamente bianca. L’idea è quella di piantarla in aereoporti, stazioni e tutti i luoghi a rischio di attentato. E visto che questo recettore proteico può vivere in ogni pianta, potrà essere impiegato in tutto il mondo senza problemi di clima o stagionalità, all’aperto o al chiuso.
Il progetto, partito nel 2003, è stato finanziato a più riprese dal Dipartimento della Difesa con oltre 8 milioni di euro.
Al momento le piante della Medford riescono a scoprire con una discreta precisione il TNT, ma lavorano in laboratori a luce e temperatura costante, senza vento e in condizoni operative molto distanti da quelle reali. Prima di poterle impiegare concretamente a fianco dei poliziotti passeranno almeno altri 3-4 anni. Obiettivo della ricercatrice è quello di mettere a punto piante antiesplosivo sensibili come il naso di un cane.