Ciò che riescono a fare i grandi istituti di ricerca con budget di milioni di dollari, lo possono fare anche un papà e il suo bambino: mandano in orbita una navicella low cost, costruita nel garage di casa.
“Un papà americano e il suo bambino mandano in orbita una navicella amatoriale”
Passione per la scienza – Durante l’agosto del 2010 Luke Geissbuhler e suo figlio Max sono riusciti a lanciare una sonda spaziale amatoriale nell’orbita terrestre. Il progetto li ha impegnati per 8 mesi e come principali materiali hanno usato: uno speciale pallone aerostatico riempito di gas, una minuscola capsula di polistirolo, ottenuta riciclando un contenitore per il cibo, del materiale isolante e dei prodotti hi-tech che si trovano in qualsiasi catena di negozi di elettronica.
Piena di tecnologia – Nella capsula è stata montata una videocamera HD, isolata dall’esterno, che ha ripreso completamente il volo. In aggiunta all’interno è stato inserito un iPhone, il cui sensore GPS ha fornito ai novelli astronauti le indicazioni sulle coordinate del volo e soprattutto sull’atterraggio della capsula. Infatti l’astronave casalinga, dopo essere salita perpendicolarmente al terreno e aver combattuto con venti a più di 130 km/h e temperature di circa 50 gradi sotto allo zero termico, una volta raggiunta la considerevole quota di 30Km dalla crosta terrestre, è ricaduta a non più di 50 km dal punto di lancio ed è stata recuperata.
Lancio favorevole – Papà e figlio hanno atteso che le condizioni climatiche fossero favorevoli e hanno lanciato il pallone nei dintorni di Brooklyn ad agosto. Per 72 minuti la loro astronave amatoriale ha viaggiato in cielo, superando le nuvole e arrivando, prima di esplodere, fino a 30.000 metri di altezza. Poi è ricaduta sulla Terra alla velocità di circa 240 km/h ed è stata recuperata grazie al segnale del gps.