Un fulmine è effimero per definizione. Pare impossibile quindi pensare a qualcosa che possa trattenerlo e conservarlo per anni. Invece è più o meno quello che accade con delle strane “formazioni” chiamate folgoriti, ossia dei cilindri di sabbia cementata e vetrificata dall’azione di un fulmine, che conservano e trattengono informazioni su quell'evento.
Oggi, per la prima volta, è stato possibile datare alcune di queste insolite formazioni geologiche, scoprendo particolari molto interessanti riguardo al clima e all’ecologia del Sahara di un tempo.
L’analisi chimica di alcune folgoriti ritrovate in Egitto, ha rivelato infatti la presenza di biossido di carbonio, monossido di carbonio e ossido nitrico sprigionati nel momento in cui il fulmine ha colpito il suolo bruciandolo. In più, sono state individuate tracce di materia organica che derivano da erba o altri arbusti tipici di un ecosistema caldo e semiarido. Uno scenario molto diverso dal deserto sterile e secco che conosciamo oggi. La datazione di questi reperti, ottenuta tramite un processo chiamato “termoluminescenza”, ha messo in evidenza che circa 15 mila anni fa il Sahara doveva essere una zona abbastanza ospitale e ha confermato la presenza di piante che oggi verrebbero uccise dal caldo e dalla siccità. La comunità scientifica è rimasta sorpresa di fronte alla creatività del metodo usato, e già in molti ora promettono di fare molta attenzione a un fenomeno che finora era considerato poco più di una stranezza della natura.
Nella foto, una folgorite del deserto (© Louis Carion - carion minerals)