Scienze

La marcia della morte di un verme preistorico

Un fossile che cattura gli ultimi istanti di vita di una creatura simile a un millepiedi, 550 milioni di anni fa, è tra i più antichi esempi di comportamento animale complesso.

Più di mezzo milione di anni fa, una creatura simile a un millepiedi si mosse lasciando una lunga scia su uno strato di sedimenti marini. Si riposò, proseguì per un po' e poi morì, forse sepolta viva. Oggi il fossile dell'animale e le sue tracce lasciate nel fango costituiscono un raro esempio di mortichnia: una "danza di morte", arrivata fino a noi come in una capsula del tempo, insieme al corpo che la compì.

Una ricostruzione degli ultimi movimenti dell'Yilingia. © Nature

Il giusto contesto. La scena descritta si svolse nel periodo Ediacarano, 550 milioni di anni fa: almeno 10 milioni prima dell'esplosione del Cambriano in cui si pensa siano emersi gli antenati di molti animali moderni, e oltre due volte più anticamente della comparsa dei primi dinosauri. Le piante non avevano ancora colonizzato la Terra, e sul pianeta si facevano largo le prime forme di vita multicellulare.

In questo quadro, un esemplare di Yilingia spiciformis (dal distretto di Yiling, dove è venuto alla luce il fossile) consumò i suoi ultimi istanti: oggi il reperto, descritto su Nature, è uno dei più antichi esempi di movimento continuo e direzionato. La prova che una qualche forma di comportamento animale complesso, come spostarsi sul fondale marino, era già possibile nel Precambriano.

Le prove fossili della danza di morte del vermone. © Nature

Una testimonianza unica. Il fossile è notevole per diversi motivi. Lo è perché, diversamente dai pochi altri reperti di questo tipo, combina le tracce continue di un movimento animale alla creatura che indubbiamente le lasciò, fossilizzata accanto ad esse. Lo è per le caratteristiche dell'esemplare: forse un antenato dei vermi o degli artropodi, forse un precursore di entrambi, comunque dotato di una testa e di una coda e impegnato in un movimento unidirezionale.

La creatura lunga una decina di cm e larga fino a 2,5 cm era particolarmente complessa per il periodo Ediacarano. Era mobile e dotata di simmetria bilaterale (cioè con il suo corpo idealmente suddivisibile in due metà speculari sul piano sagittale: come quello dell'uomo e diversamente da quello delle spugne). Era segmentata: il suo corpo era formato da segmenti ripetitivi come le unità che formano la struttura degli artropodi. A differenza degli artropodi moderni, però, l'Ylingia aveva segmenti tutti uguali, e non differenziati in base alla loro posizione. Shuhai Xiao, coautore della ricerca che lavora al Virginia Tech di Blacksburg, ha detto che il fossile «fornisce un quadro completo della transizione da semplice ripetizione a segmentazione avanzata».

Una nuova interpretazione. Fino a qualche tempo fa le creature dell'Ediacarano risultavano estremamente difficili da classificare ed erano assimilate a licheni, funghi o qualche stadio intermedio tra animali e vegetali.

Lo scorso anno, con la scoperta di molecole di grasso in fossili di quell'epoca, l'approccio è mutato. «Appena 20 anni fa, alcuni di noi pensavano che i fossili dell'Ediacarano non fossero imparentati con gli animali» conclude Xiao. «C'era un'ipotesi chiamata "il giardino dell'Ediacarano", ma ora stiamo osservando "lo zoo dell'Ediacarano"».

8 settembre 2019 Elisabetta Intini
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