Scienze

La grande scoperta delle onde gravitazionali potrebbe essere un errore

Si vocifera che il segnale registrato da BICEP2 sia frutto di un errore di interpretazione. Se così fosse, la delusione sarebbe... cosmica.

Secondo alcune voci che corrono in rete, ma che sembrano avere solide basi scientifiche, la più grande scoperta della cosmologia degli ultimi 10 anni, potrebbe essere il risultato di un errore sperimentale. Un po’ come successe a suo tempo con i neutrini dell'esperimento Opera che viaggiavano più veloci della luce.

Otto settimane fa i ricercatori della collaborazione BICEP2 avevamo segnalato l’osservazione di un orientamento a forma di ricciolo nella polarizzazione della radiazione cosmica di fondo che è il residuo della radiazione prodotta dal Big Bang. Tali vortici - secondo i ricercatori - sarebbero le tracce delle onde gravitazionali che si sarebbero propagate dopo il Big Bang e sarebbero la conferma di quanto previsto dalla Relatività Generale e dalla teoria cosmologica dell’inflazione, secondo la quale nei suoi primi istanti l’universo attraversò una fase di rapidissima espansione.

[Leggi che cos'è l'inflazione cosmica]

Molti scienziati - e i ricercatori stessi - hanno visto i risultati delle osservazioni di BICEP2 come la “pistola fumante” dell’inflazione e hanno salutato la scoperta come fondamentale. Così fondamentale e clamorosa da essere sempre associata alla frase di rito "se confermata".

Critiche
E ora emerso un primo, potenziale problema con l'analisi dei dati BICEP2, dice Adam Falkowski, un fisico teorico delle particelle presso il Laboratorio di Fisica Teorica di Orsay in Francia e autore del blog Résonaances. I ricercatori dell’esperimento BICEP2 hanno mappato la polarizzazione della radiazione cosmica di fondo osservando una porzione di cielo tra i 15° e i 60°. Per studiare il segnale della radiazione cosmica di fondo, tuttavia, dovevano prima di tutto sottrarre il "piano" di microonde generate dalla polvere all'interno della nostra galassia, e la squadra BICEP potrebbe averlo fatto in modo errato , spiega Falkowski.

Il ruolo di Plank
Per rimuovere questa contaminazione dovuta alla polvere galattica, i ricercatori di BICEP si sono affidati a una delle mappe frutto delle osservazioni dalla sonda dell'Agenzia Spaziale Europea Planck che, con i suoi strumenti, sensibili alla temperatura della radiazione cosmica e alle onde radio, ha mappato la radiazione cosmica di fondo su tutto il cielo dal 2009 al 2013.

L’immagine di Planck è composta da un foreground (“primo piano”) e un background (“sfondo”). Nel foreground si vedono per esempio la nostra galassia, il gas interstellare e altre galassie. Nel background, invece, c’è la radiazione cosmica di fondo.
I ricercatori avrebbe interpretato la mappa di Planck come se mostrasse soltanto le emissioni di fondo, mentre in realtà contiene anche altre informazioni. In particolare mostra la radiazioni emessa dalla polvere cosmica nel foreground. E i ricercatori non ne avrebbero tenuto conto.

Ma non potevano parlarsi?
L’errore - secondo Falkowski - nascerebbe anche dal fatto che il consorzio di Planck ancora non ha reso pubblico l’insieme completo dei dati in polarizzazione, almeno non ufficialmente e i ricercatori di BICEP2 si sarebbero affidati a una mappa - in formato pdf - presentata a un convegno. E avrebbero così interpretato in modo sbagliato i dati illustrati nella mappa.

Una maggior collaborazione e scambio di informazioni tra i ricercatori americani di BICEP2 e i loro colleghi europei di Plank avrebbe potuto evitare questo errore. Sempre che sia verificata la tesi di Falkowski.

Come racconta l'Inaf sul suo sito, i membri della squadra di Planck, che esattamente una settimana fa hanno pubblicato una stupenda mappa – mappa che purtroppo, vedi la perfidia del caso, lascia scoperta proprio la regione esaminata da BICEP2 – dell’emissione polarizzata della polvere galattica, hanno le bocche cucite e sono in attesa. «Riguardo al risultato di BICEP2, pubblicizzato settimane fa», ribadisce infatti Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI, «continuo a usare la formula ufficiale del nostro team Planck: no comment. Posso però garantirvi che ci stiamo lavorando giorno e notte. Penso anche che un pizzico di pazienza sia un prezzo che vale la pena pagare per un risultato scientifico solido. E vedrete che nel giro di qualche settimana avremo occasione di riparlarne. Non fatemi dire di più».

«Di sicuro, questi risultati metteranno ancora più pressione sulla prossima pubblicazione dei risultati dell’osservatorio Planck», dice Fabio Finelli, uno dei principali ricercatori di Planck presso l’INAF di Bologna.

Il futuro della fisica sperimentale
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13 maggio 2014
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