Cosa vuol dire che una canzone è orecchiabile? Ce lo spiega la geometria. È questo il senso della ricerca che Dmitri Tymoczko della Princeton University di New Jersey (Usa) ha portato a termine: illustrare il funzionamento dell'armonia e della melodia facendo ricorso a immagini tridimensionali. Quello messo a punto da Tymoczko, in realtà, non è un semplice modello esplicativo, ma un complesso studio destinato a spiegare perché anche la musica apparentemente meno "facile" da ascoltare – come un pezzo di Miles Davis o una composizione sperimentale – può essere piacevole tanto quanto una canzone pop.
Sempre più complessa. Il fatto è che la musica occidentale nel corso della storia dell'uomo è diventata sempre più complessa: se un tempo gli accordi erano relativamente semplici e i compositori si attenevano a regole molto rigide, a partire dal nostro secolo le cose si sono fatte molto più difficili da capire. Tanto che per fare chiarezza può essere utile chiamare in causa la matematica e la geometria.
La geometria di Chopin. Nelle sue "geometrie musicali", Tymoczko rappresenta con un punto i singoli accordi contenuti in una composizione, mentre la distanza tra gli uni e gli altri indica la differenza percepita dall'orecchio umano tra i suoni: minore distanza significa quindi una transizione più gradevole tra accordi consecutivi. Per descrivere l'armonia, però, la geometria piana non basta. Ogni nota che compone un accordo necessita infatti di una dimensione, così che per descrivere un accordo composto da tre note, Tymoczko ha dovuto fare ricorso alle figure tridimensionali, come per il Preludio per piano in mi minore di Chopin. È chiaro: la ricerca non dimostrerà mai perché una canzone piace a molti e un'altra invece non riscontra il successo del pubblico. Tuttavia ci può dire molto su come funziona "dall'interno" la musica occidentale e, quindi, come si è evoluta nella storia.