Scienze

La Corte Suprema USA vieta il brevetto dei geni

Con una storica sentenza che mette fine a anni di “conflitti”, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i geni non si possono brevettare. La decisione fa contenti un po’ tutti (ricerca pubblica e privata) perché crea un contesto giuridico flessibile, con la possibilità di brevettare il dna complementare. Ecco come funziona questo “compromesso”.

I geni umani non possono essere sottoposti a brevetto. È l’ultima e definitiva sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti; secondo i giudici, che hanno votato in modo unanime, i geni presenti nel corpo sono “un prodotto della natura e non sono suscettibili di brevetto per il solo fatto di essere stati isolati". La sentenza rovescia almeno tre decenni di altri brevetti e pronunciamenti precedenti e toglie alla Myriad Genetics la possibilità di sfruttare due geni brevettati anni fa. Tutto il procedimento nasce infatti da una causa contro la Myriad; l’azienda aveva brevettato due geni (BRCA1 e BRCA2) che, se sono difettosi, aumentano la probabilità di tumori alla mammella o all’utero. In questo modo la Myriad impediva a ogni altra azienda di mettere sul mercato test che rilevassero questi geni, di fatto bloccando il mercato con il suo monopolio. Un test della Myriad per i due geni costava circa 3.000 dollari, e quindi non tutti potevano permetterselo.

Senso comune e senso degli affari
La sentenza fa decadere i brevetti, e apre il mercato a test sviluppati da altre aziende (in effetti, poco dopo la sentenza, la DNATraits ha annunciato lo stesso test per circa 995 dollari, un terzo della Myriad). Anche secondo Marie-Claire King, la scopritrice dei geni BRCA negli anni Settanta, la decisione è corretta. In un’intervista a New Scientist la studiosa, che insegna all’università di Washington, afferma: «Sono molto contenta. È un risultato importantissimo per pazienti, medici, scienziati. E anche per il senso comune. Sono anche felice che sia stata una decisione unanime».

Dna complementare è brevettabile
Oltre a bloccare la brevettabilità dei geni “naturali”, però, la Corte Suprema ha ammesso la possibilità di coprire con brevetti quello che è stato definito Dna complementare; i frammenti cioè di Dna attraverso i quali il corpo produce le proteine. I pezzetti attivi nel gene sono infatti di solito immersi in altri tratti che non producono niente; “ripulire” biochimicamente il gene da questi frammenti inutili lo renderebbe brevettabile. Per questo la sentenza della Corte Suprema accontenta un po’ tutti, sia coloro che sostengono che i brevetti sono concessi un po’ troppo liberamente, sia coloro che pensano che l’industria sia indispensabile per il progresso della medicina.

17 giugno 2013 Marco Ferrari
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