Nell'Universo, tutto è fatto con gli stessi mattoncini: gli elementi della tavola periodica. Anche se in proporzioni diverse. Per certi versi, si potrebbe dire - paradossalmente - che una stella come il Sole e un pianeta come la Terra sono tutto sommato simili, quanto a composizione chimica. La differenza è che nel Sole prevalgono gli elementi gassosi, come idrogeno ed elio, che messi insieme fanno quasi il 99% della sua massa; nella Terra prevalgono invece quelli pesanti, come silicio, magnesio, ferro, ossigeno e via dicendo.
Secondo una ricerca dell'Australian National University si potrebbe quindi pensare la Terra (e gli altri pianeti rocciosi: Mercurio, Venere e Marte) come una versione "degassificata" del Sole. O meglio, come pezzi della nebulosa primordiale da cui il Sole e i suoi pianeti si sono formati, questi ultimi privati poi della componente gassosa. Da questa base di partenza, i ricercatori hanno determinato un modo per risalire dalla composizione del Sole a quella della Terra e degli altri pianeti rocciosi.
Per guardare lontano. In generale, ricavare la composizione di una stella, anche lontana, è piuttosto semplice, grazie alla spettrografia. Al contrario, dedurre la composizione interna di un pianeta è molto difficile: persino della Terra conosciamo bene solo la composizione della superficie, e anche scavando in profondità fin dove le nostre tecnologie ce lo consentono, solo una piccola parte delle rocce del nostro pianeta ci è accessibile.
Ancora più complicato, ovviamente, è stabilire come sia l'interno dei pianeti extrasolari, cioè di altri sistemi solari, che costituiscono uno dei campi di ricerca più affascinanti e praticati dell'astrofisica moderna. Il nuovo studio fornisce gli strumenti per comprendere meglio quale può essere la composizione di un esopianeta, anche considerato che «la composizione di un pianeta roccioso è un dato essenziale per scoprire se sia abitabile o meno», sottolinea Haiyang Wang, a capo della ricerca. Studiando la composizione di stelle che ospitano pianeti nella loro fascia di abitabilità potremmo quindi trovare i migliori candidati per continuare la ricerca della vita su altri pianeti.
@ Gianluca Ranzini; ha collaborato Davide Lizzani