È di questi giorni la notizia che, in virtù di un ritrovamento straordinario, dovremo riscrivere l'intero albero genealogico umano. La questione ha preso il via da un articolo scientifico pubblicato da Science lo scorso 18 ottobre: secondo l'autore, il paleontropologo georgiano David Lordkipanidze, il teschio fossile trovato nel 2005 nel sito di Dmanisi, in Georgia, mette in dubbio l'estrema frammentazione della famiglia umana, divisa in molte specie, da Homo erectus a Homo georgicus a Homo habilis a Homo rudolfensis a Homo ergaster.
Un solo uomo. Lo studioso mette a confronto il fossile (Skull5) con altri trovati nello stesso sito, e che sono differenti l'uno dall'altro pur appartenendo molto probabilmente alla stessa specie. L'interpretazione proposta dall'autore è che tutte le variazioni nella struttura dei teschi e degli scheletri non descrivano specie diverse, ma semplicemente individui differenti della stessa specie, uscita dall'Africa poco meno di 2 milioni di anni fa e che dovrebbe essere definita Homo erectus. È un'interpretazione sulla quale non tutti gli studiosi concordano, ma - dispute tra scienziati a parte - mette per davvero in discussione la storia dell'evoluzione umana, e addirittura Darwin (come si è letto in diversi blog e giornali online)?
È normale che una singola specie derivi per forza da una sola altra specie (in natura fanno eccezione solo alcuni vegetali), tuttavia anche se l'ipotesi di Lordkipanidze trovasse tutte le conferme necessarie non si tornerebbe certo al cosiddetto modello lineare, ossia alla vecchia concezione dell'evoluzione per la quale dai nostri antenati in comune con gli scimpanzé sia derivata una linea formata da una specie dopo l'altra, fino ad arrivare a noi, Homo sapiens. Semplicemente, l'intero albero della nostra famiglia si semplifica e noi - come specie - non siamo "il culmine di una lunga marcia di progresso", come dice il filosofo Telmo Pievani in questa intervista. La notizia più importante, forse, è che anche le specie antiche avessero al loro interno una variabilità molto elevata. Un po' come accade alla nostra, in cui, come dice Lordkipanidze: «Se confrontiamo Danny Devito e Shaquille O'Neal non pensiamo che possano appartenere alla stessa specie».