Mentre gli Islandesi vivono con apprensioni le diverse fasi dell’attività del vulcano Bardarbunga, per i geologi l’analisi delle lave saranno di grande aiuto per meglio comprendere l’evoluzione del nostro pianeta. Se esiste un regalo infatti, che la natura ha voluto fare a chi si occupa dello studio della Terra è proprio la nascita dell’Islanda.
Terra turbolenta. L’Islanda è infatti una terra di grandi contrasti, con montagne che improvvisamente esplodono. Un luogo terribile e incantato dove la natura impone ancora le sue leggi nonostante la presenza dell’uomo, arrivato lì nell’anno 874, con navi vichinghe.
Qui si vive tra i sibili dei geyser, i rombi dei vulcani e i brontolii delle caldere fumanti. Le pianure sono spesso nere di lava o ricoperte dai ghiacci, le spiagge sono scure, formate dall’incessante erosione delle lave basaltiche. La ragione di queste caratteristiche si trova qualche chilometro sotto la superficie.
L’isola è nata dal vulcanismo: posta a metà strada tra la Groenlandia e il nord della Gran Bretagna, è la terra emersa di maggior rilievo della dorsale medioatlantica, un’enorme catena di montagne sottomarine, parte di un sistema di fratture nella crosta terrestre, lunga circa 70 mila chilometri, che corre intorno al globo sotto gli oceani.
Il ventre della Terra. La dorsale è la zona di rottura tra le due placche di America ed Eurasia, che si allontanano l’una dall’altra di circa 2 centimetri l’anno. Questi spostamenti provocano la risalita del magma dalla grande “pentola” al centro della Terra, il cui successivo raffreddamento origina i rilievi sottomarini. È questa frattura (insieme a quella detta di Wyrville, che va dalla Scozia alla Groenlandia) che ha dato origine all’isola e oggi è responsabile della sua intensa attività vulcanica.
Geologicamente giovane, l’isola è il crocevia di immense tensioni della crosta terrestre, responsabili di lacerazioni e fuoruscite magmatiche, terremoti che a loro volta causano eruzioni e maremoti, con rapidi e straordinari rimodellamenti del paesaggio.
"Punto caldo". Ma com'è possibile che dalla dorsale sia uscito così tanto magma da creare un’isola che ha le sue radici a migliaia di metri di profondità sotto la superficie del mare? La risposta non è semplicissima e ancora oggi è alquanto dibattuta. L'ipotesi più accreditata vuole che sotto l’isola vi sia - oltre alla dorsale - anche un “punto caldo”, un punto cioè che “aspira” una grande quantità di magma dal mantello e che lo fa fuoriuscire proprio in prossimità della dorsale.
Sulla Terra vi sono circa un centinaio di “punti caldi”, ma sono pochissimi quelli che, per coincidenza, sorgono proprio sulla dorsale. Tra questi, per esempio, abbiamo le isole Azzorre, l’Ascension e Tristan da Cunha. Ai nostri giorni il punto caldo islandese si trova sotto il vulcano Trolladyngja.
Il magma arriva dal confine mantello-nucleo. Il serbatoio magmatico si spinge fino a circa 350-400 km di profondità nel mantello terrestre. Il magma che fuoriesce in Islanda, tuttavia, sembra arrivare da molto più in basso, da oltre 2.880 km di profondità, ossia dal confine tra il mantello e il nucleo terrestre. Se non ci fosse stato questo serbatoio di magma continuamente riempito dalle profondità della Terra non ci sarebbe stata la possibilità della formazione dell’isola, perché lo spostamento delle placche non avrebbe permesso al magma della dorsale di accumularsi fino ad originare l’Islanda.
Eruzioni senza sosta. Come detto l'isola è relativamente giovane: è nata soltanto 17 milioni di anni fa e da allora il vulcanismo, dal punto di vista geologico, è stato incessante. Dalla fine dell'ultima Era Glaciale, e cioè da circa 15.000 anni a questa parte, sono stati attivi più di 200 vulcani. Gli attuali vulcani in attività si trovano a nord e a ovest del ghiacciaio Vatnajokull che ricopre quasi un terzo della superficie totale dell'Islanda.
Il tipo di vulcanismo che caratterizza l’Islanda è quello delle “eruzioni lineari”: la lava cioè, fuoriesce da una frattura, e quando l'eruzione termina spesso è difficile individuare le bocche eruttive.