La facilità con cui, nei telefilm, i detective dei dipartimenti di polizia impiegano la scienza per analizzare i reperti trovati sulla "scena del crimine" supera la realtà della maggior parte delle indagini. Attualmente, infatti, le stesse impronte digitali o i residui di polvere da sparo, che possono essere prove legali determinanti nel collegare un sospetto a un crimine, spesso vengono danneggiati o addirittura distrutti dai metodi che si usano per analizzarli. Così, nel tentativo di risparmiare le prove, un gruppo di ricercatori all'Università di Surrey, in Inghilterra, sta sperimentando una tecnica che usa fasci di ioni per identificare i componenti delle particelle trovate, per esempio, sul corpo o sui vestiti dell'indagato, senza contaminare o rovinare i campioni. L'analisi a livello atomico permette di rilevare persino le tracce di microelementi che sfuggono alle tecniche tradizionali, come la microscopia elettronica. Con un ulteriore grande vantaggio: queste procedure non sono distruttive. Lasciano intatti i campioni, che possono pertanto essere analizzati anche più volte. L'unica controindicazione è la... portabilità: per introdurre una tecnologia di questo genere sulla scena del crimine bisognerà aspettare che diventi un po' più tascabile (vedi foto © Ion Beam Center). [ST]