Durante il recente Living Planet Symposium 2016 Chris Finlay (Technical University, Danimarca) ha dimostrato, attraverso l’uso di satelliti lanciati dall’agenzia spaziale europea, che il campo magnetico terrestre si sta indebolendo. C'è un film del filone catastrofista che racconta qualcosa del genere, The Core: in quel caso il campo magnetico della Terra smette proprio di funzionare in quanto il nucleo interno del nostro pianeta si è fermato, non ruota più. Ma i nostri eroi penetrano fino al nucleo, lo bombardano, lo riavviano e l'umanità è salva. Finita la fantascienza, passiamo alla realtà.
Che cosa centra il nucleo con il campo magnetico? Per rispondere a questa domanda dobbiamo scivolare (almeno idealmente) al confine tra il nucleo interno e quello esterno: hanno composizione simile, ma il nucleo esterno è liquido, quello interno solido. Là si creano correnti elettriche talmente potenti da fare impallidire i più violenti fulmini della Terra, e da quelle correnti si origina uno dei fenomeni più importanti per la vita del nostro pianeta: il campo magnetico. Il magnetismo terrestre che si forma a 2500-3000 chilometri di profondità sotto i nostri piedi si estende per decine di migliaia di chilometri nello spazio, formando un involucro, chiamato magnetosfera, che ci fa da scudo, e devia e riduce i raggi cosmici che arrivano sulla Terra.
Si sta spostando? Di quanto? Il campo magnetico è estremamente complesso da studiare e capire, tant’è che la sua origine non è ancora del tutto chiara: sappiamo però che da almeno due secoli sta diminuendo di intensità. E c’è di più: il Polo Nord magnetico (che non coincide con quello geografico) si muove in continuazione e, nelle ultime decadi, dal Canada si è spostato verso la Russia.
Nel 1904 il polo magnetico iniziò a spostarsi a nord-est a un ritmo di circa 15 chilometri all’anno. Nel 1989 si è avuta una prima accelerazione e nel 2007 una seconda, quando il polo si è mosso verso la Siberia alla velocità di 55 km all’anno. Secondo Larry Newitt, del Geological Survey canadese, verso la fine del 2040, dopo aver attraversato il mare Glaciale Artico, il polo nord magnetico spunterà in Siberia.
Secondo Newitt ciò potrebbe voler dire che il campo magnetico è vicino ad un’inversione: il nord magnetico potrebbe spostarsi sempre più verso sud fino a raggiungere la regione del Polo Sud. E così, un giorno, svegliandoci al mattino, potremmo scoprire che la bussola non indica più il Polo Nord, ma il Sud. Vale la pena chiarire una volta per tutte che non sarà la Terra a capovolgersi, ma solo il suo campo magnetico.
È la prima volta? No, è già avvenuto decine di volte. Lo si è scoperto studiando le lave ricche di ferro, i cui minerali ferrosi rimangono in qualche modo “congelati” nelle rocce con impressa la direzione del campo magnetico nel momento del loro raffreddamento. L’inversione sembra rispettare cicli di 600-700.000 anni. Ma le medie, si sa, vanno prese per quel che sono: ci sono anche stati periodi di 40 milioni di anni senza alcuna inversione, mentre in alcuni casi il periodo tra un’inversione e l’altra è stato solo qualche secolo.
Le inversioni avvengono velocemente? In termini geologici, sì: è quello che è successo circa 41.000 anni fa, quando il campo magnetico impiegò non più di 450 anni per spostarsi dal Polo Nord al Polo Sud e tornare poi alla posizione di partenza, che è poi quella di oggi.
Questa scoperta ha molto sorpreso i geofisici, perché si pensava che le inversioni richiedessero migliaia di anni per avvenire, mentre può non essere così. Il segreto di quella doppia inversione veloce è rimasto impresso nei sedimenti ricchi di ferro del Mar Nero, scoperto da Morbert Nowaczyk del Centro Ricerche Tedesco per le Geoscienze (GFZ).
Succede adesso? Non c'è un modello di previsione, e non tutti i ricercatori sono concordi nel sostenere che siamo vicini a un’inversione. Secondo Dennis Kent, paleomagnetista alla Rutgers University (New Jersey, Usa), il campo magnetico terrestre è ancora così potente, nonostante l'indebolimento, che l'ipotesi di un'inversione è ancora molto lontana. Insomma, non c’è da preoccuparsi
Ma se dovesse succedere? Che ne sarà di noi? Per quel che ne sappiamo, non ci sono fenomeni evidenti correlati alle inversioni magnetiche del passato, con qualche eccezione per quella di 41.000 anni fa, concomitante con cambiamenti climatici importanti (non è però chiara la correlazione tra i due eventi) e una riduzione dell'intesità del campo del 5% circa rispetto all'attuale, situazione che potrebbe avere avuto ricadute su molte specie viventi.
Se la coppia di fattori, inversione e ulteriore riduzione, dovesse ripetersi oggi, il pianeta sarebbe maggiormente esposto ai raggi cosmici e al vento solare: gli studi suggeriscono che non sempre un'inversione è stata accompagnata da una riduzione significativa, ma in ogni caso abbiamo i mezzi per proteggerci.
Chi ne subirebbe invece di più le conseguenze sarebbero altre specie viventi, meno attrezzate, e in particolare quelle che usano il campo magnetico per i loro spostamenti e le migrazioni, dagli uccelli alle tartarughe marine.
Quali sono le cause dell’inversione? Le ipotesi sono tante, ma nessuna davvero esauriente. La più credibile è quella che vuole che i grandi movimenti di ferro nel nucleo esterno liquido possano creare qua e là degli indebolimenti del campo magnetico principale e, se diventano importanti, possono prendere il sopravvento e causare l’inversione.
Ma la verità è che nessuno è per davvero in grado di "leggere" e interpretare quello che succede a quelle profondità della Terra: le cause della periodica inversione del campo magnetico rimane uno dei grandi misteri della geologia.