Scienze

Il nostro record di CO2 in atmosfera e gli inquinanti della Roma antica

C'è allarme per i livelli di CO2 in atmosfera, mentre da studi su carote di ghiaccio arrivano le prove delle attività industriali inquinanti dell'antica Roma.

L'Osservatorio di Mauna Loa (Hawaii) conduce una regolare attività di monitoraggio della CO2 atmosferica dalla fine degli anni '50, oltre a disporre dei dati dei carotaggi, ed ha perciò una precisa visione dell'andamento dei livelli dell'anidride carbonica in atmosfera, basata su quello che si definisce una "serie storica": dai primi di maggio le misure quotidiane (ossia su base regolare) sono state tutte al di sopra di 415 parti per milione (ppm).

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Una serie storica di dati sulla concentrazione di CO2: dalle analisi su carote di ghiaccio per i dati precedenti al 1958, e su misurazioni dirette (Osservatorio di Mauna Loa) per quelli successivi. La scala temporale è compressa in "migliaia di anni", da oggi (l'ultimo dato della serie è dell'11 maggio 2019) a 10.000 anni fa: il picco alla sinistra del grafico corrisponde a un paio di secoli.

Vecchie storie di inquinamento. L'inquinamento non l'ha però inventato la rivoluzione industriale: ci davamo da fare già 2.000 anni fa, quando la qualità dell'aria in relazione alle "attività industriali" dell'epoca era un problema, benché ignoto. Lo afferma un team internazionale di scienziati in uno studio condotto dall'Institut des Géosciences de l'Environnement di Grenoble (Francia) e pubblicato in versione integrale su Geophysical Research Letters: l'inquinamento da piombo (Pb) e antimonio (Sb) in epoca romana raggiunse valori molto elevati, con picchi notevoli tra il 350 e il 100 avanti Cristo (era la Roma repubblicana) e tra l'anno 0 e il 200 dopo Cristo, durante il periodo imperiale.

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Come insetti nell'ambra, le bolle d'aria intrappolate nel ghiacci raccontano un pezzo della storia del mondo. © IPEV, Eric Lefebvre / via chiaramontanari.net

Lo studio è stato eseguito su carote estratte sul ghiacciaio del Dome, sul versante francese del massiccio del Monte Bianco, con analisi molto accurate delle "gocce d'aria" incorporate nel ghiaccio e datate col metodo del carbonio-14 (un isotopo radioattivo del carbonio).

La zecca inquinante. A differenza dei campioni estratti in Groenlandia e in Antartide, quelli presi sulle Alpi non permettono di ricostruire le caratteristiche dell'atmosfera della Terra fino a decine o centinaia di migliaia di anni fa, ma per studi "locali" e che vogliano guardare indietro nel tempo solo di qualche millennio, sono del tutto validi. In effetti, l'inquinamento prodotto dalle attività industriali dei Romani era già stato individuato nei ghiacci della Groenlandia nel 2018, ma quei risultati, benché confermati, suscitavano curiosità per via della distanza dall'area di influenza dell'antica Roma. Sul Monte Bianco è invece risultata evidente la corrispondenza tra l'espansione commerciale dei Romani, le loro attività minerarie e l'inquinamento atmosferico.

I due intervalli di maggiore degrado corrispondono ai periodi in cui i Romani produssero una grande quantità di monete, poi circolate in mezza Europa, in Asia minore e in Africa. Dalle miniere si estraeva il materiale grezzo da cui si ottenevano poi il piombo e l'argento che servivano a forgiare le monete: la maggior parte dei siti di estrazione si trovavano nel centro-sud della Spagna (soprattutto), nella Francia meridionale e sui Pirenei.

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Chi ha fatto peggio? Lo studio ha anche messo a confronto l'inquinamento atmosferico da piombo di epoca romana con quello del periodo che va dal 1950 al 1985, ossia gli anni delle benzine "rosse", ricche di piombo.

Il responso è impietoso: al tempo dei Romani il contenuto di piombo in atmosfera era di circa 10 volte superiore al normale, mentre nel secolo scorso si arrivò a 50-100 volte, anche se per un periodo più breve (solo per quanto riguarda il piombo, e solo in virtù del fatto che quelle benzine sono state messe al bando nel 1993).

Magra e passeggera consolazione, considerati i record negativi delle attuali attività umane, che, ora lo sappiamo, ci collocano ai vertici della "catena degli inquinatori" degli ultimi tre milioni di anni.

15 maggio 2019 Luigi Bignami
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