Nell'era delle passeggiate spaziali e dei voli parabolici, un'ascesa in mongolfiera potrebbe non fare notizia. Eppure fu proprio per mezzo di un pallone aerostatico che James Glaisher (1809-1903), meteorologo e aeronauta britannico, entrò nella leggenda dell'aviazione, con uno dei voli più spericolati, coraggiosi e incoscienti che l'uomo abbia mai tentato.
Come un jet. Il 5 settembre 1862, a bordo di un aerostato, Glaisher e il co-pilota Henry Coxwell raggiunsero gli 11 km di quota: l'altezza a cui volano gli aerei di linea. Lo fecero di proposito, per studiare i fenomeni atmosferici che governano il meteo sulla Terra. Ma ignoravano i rischi dell'impresa e soltanto un colpo di fortuna e la prontezza di riflessi salvarono la coppia da morte certa, evitando che il pallone proseguisse il suo viaggio incontrollato verso la stratosfera.
Fini scientifici. Per Glaisher e Coxwell non era il primo volo, ma nessuno fino ad allora si era mai spinto a quella quota. L'impresa era stata finanziata dalla British Association for the Advancement of Science per studiare quello che oggi studiano i palloni meteorologici: i venti d'alta quota, i movimenti delle nubi, la formazione delle precipitazioni, l'umidità.
Segnali allarmanti. L'aerostato riempito con un gas leggero (forse idrogeno) decollò da Wolverhampton, Inghilterra centrale: per salire occorreva togliere un po' di sabbia dal cesto; per scendere, bisognava aprire una valvola e lasciare uscire gas dal pallone. Era una bella giornata, ma prima di raggiungere i 5 km d'altezza successe qualcosa di strano: uno dei sei piccioni che Glaisher aveva portato con sé a bordo aprì le ali e cadde fuori dal cesto come un foglio di carta. Continuando a salire, un altro pennuto fu scaraventato nel vuoto, precipitando come un sasso.
Semiparalizzato. Prima ancora che Glaisher potesse fiutare il pericolo, la temperatura dell'aria era precipitata a -20 °C e la vista dell'aeronauta si era offuscata. Le poche strumentazioni scientifiche di bordo erano divenute illeggibili, e il braccio di Glaisher stava perdendo sensibilità. Voltandosi verso Coxwell per cercare aiuto, il pilota lo vide con la testa a ciondoloni, privo di senso. Stavano salendo troppo, e troppo in fretta; bisognava scendere immediatamente, per sopravvivere.
Salvi in extremis. La valvola per svuotare il pallone era rimasta impigliata in una delle funi: Glaisher si arrampicò sul bordo del cesto, rischiando la vita per disincastrarla. Afferrò una cima con i denti e, dopo qualche strattone, liberò la valvola. Fortunatamente, il pallone prese a scendere. Coxwell si riebbe dallo stordimento, e continuò con le misurazioni scientifiche.
Dei piccioni, solo uno rimase in vita. Per lo spavento, dopo l'atterraggio, l'animale rimase per 15 minuti ancorato al braccio di Glaisher, prima di spiccare di nuovo il volo.
signore dell'aria. Il freddo, la mancanza di ossigeno e la rapida ascesa avevano creato nei due aeronauti la nausea, la paralisi e la perdita di coscienza sperimentata anche dai sub, quando risalgono troppo in fretta. Dopo quell'incidente, Glaisher effettuò altri 21 voli, tornando con osservazioni cruciali per la comprensione del meteo. Notò per esempio che i venti cambiano velocità a seconda dell'altezza a cui si trovano, e scoprì come si formano le gocce d'acqua prima di precipitare sulla Terra.
Pionieri di oggi. Quella passione per il volo avrebbe ispirato moltissimi tra i suoi posteri: abbiamo tutti ancora negli occhi il passo compiuto da Felix Baumgartner prima del tuffo nel vuoto dalla stratosfera, da 38.969 m di altezza, dopo un'ascensione di 2 ore e 37 minuti a bordo di una capsula sostenuta da un pallone aerostatico.
Ritorno al futuro. E anche il futuro del turismo spaziale potrebbe sfruttare questi mezzi di ascesa: la compagnia spagnola Zero2Infinity, sostenuta dall'astronauta della Nasa Michael Lopez-Alegria, vorrebbe usare un gigantesco pallone ad elio per condurre gli aspiranti viaggiatori celesti a 34 km dalla superficie terrestre, al di là del 99% della nostra atmosfera.