Scienze

I segreti nella testa dell'uomo senza memoria

Uno studio riporta i primi risultati sul cervello ricostruito in 3D del famoso paziente HM, l'uomo che non aveva ricordi e che fu oggetto di studio per oltre cinquan’anni. E a fine pagina, il video dell'operazione di taglio del cervello e i primi risultati delle ricerche su memoria, epilessia e Alzheimer.

Molto di quello che oggi gli scienziati sanno su come funziona la memoria si deve a un uomo solo, Henri Gustav Molaison, un paziente che per oltre mezzo secolo, fino alla sua morte, avvenuta nel 2008, si è prestato a fare da soggetto di studio per generazioni di ricercatori. La sua personale tragedia, la mancanza quasi assoluta della capacità di memorizzare nuovi ricordi, è stata una benedizione per la scienza. Anche da morto Molaison ha continuato a rendersi utile, donando il suo cervello alla ricerca. Vedi più sotto in questa pagina le foto e il video delle operazioni di sezionamento del cervello di Molaison.

Uno studio appena pubblicato, basato sulla ricostruzione digitale del cervello di Molaison, mette in dubbio ciò che sappiamo, riserva sorprese e apre nuovi interrogativi sul ruolo delle strutture cerebrali che sono alla base della nostra capacità di ricordare.

Solo il presente
Quella dell'uomo senza memoria è una storia in cui l'aspetto scientifico e quello umano si intrecciano in modo appassionante. Henri Gustav Molaison, nato a Brooklyn nel 1926, soffriva fin da ragazzo di una grave forma di epilessia, cui forse aveva contribuito un trauma alla testa subito da bambino. Poco dopo i vent'anni gli attacchi diventarono così forti e frequenti che anche con i farmaci Molaison non era più in grado di lavorare né di condurre una vita normale.

Nel 1953 un neurochirurgo, William Scoville, tentò su di lui un'operazione sperimentale che consisteva nel rimuovere una porzione di tessuto cerebrale nei lobi temporali: l'epilessia migliorò, ma da quel momento Molaison non fu più lo stesso. A svanire fu la sua memoria, non tanto i ricordi del passato, ma la capacità di formarne di nuovi. Per 56 anni, fino alla sua morte nel 2008, Molaison ha vissuto in un eterno presente: ogni incontro, ogni conversazione, ogni avvenimento della sua vita quotidiana, non importa quante volte ripetuto, per lui era sempre il primo.

In tutti questi anni è stato noto solo come il paziente HM e sul suo caso sono stati compiuti centinaia di studi. «Era un uomo molto gentile, paziente, sempre volenteroso nell'eseguire i test cui lo sottoponevo», ha raccontato in un'intervista al New York Times Brenda Milner, una psicologa che lo ha studiato a lungo. «Eppure ogni volta che entravo nella sua stanza era come se non ci fossimo mai incontrati.»

Cervello a fette


Alla sua morte, quando è stata anche rivelata la sua identità, Henri Molaison ha compiuto l'ultimo atto di generosità: il suo cervello è stato donato al Brain Observatory dell'University of California a San Diego. Un team di ricercatori, guidati dall'italiano Jacopo Annese, lo ha sezionato in una maratona di 53 ore seguita via web da quasi 500mila persone. Le quattromila fette del tessuto cerebrale, fotografate ad alta definizione, sono state usate per ricostruire un modello in 3D dell'intero cervello. Il progetto, chiamato Project HM, comincia ora a dare i primi frutti in termini di nuove scoperte. Qui sotto, alcune immagini dell'operazione di Jacopo Annese sul cervello di Molaison (l'articolo prosegue sotto).

The Brain Observatory: il cervello a fette di Henri Gustav Molaison
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Sul modello tridimensionale del cervello di Molaison, Annese ha compiuto una operazione virtuale come quella eseguita nel 1953 da Scoville per cercare di comprendere meglio le conseguenze di quell'intervento sul funzionamento della memoria. In questo modo è stata individuata una piccola lesione nella corteccia orbitofrontale sinistra di Molaison, lesione che nessuno aveva notato in precedenza e che secondo Annese è stata causata incidentalmente dal chirurgo.

Ma la scoperta più importante è stata accertare che, al contrario di quanto evidenziavano molti degli esami fatti in vita a Molaison, una larga porzione dei tessuti dell'ippocampo era ancora al suo posto. L'ippocampo è la struttura cerebrale che il chirurgo aveva avuto intenzione di asportare nell'intervento del 1953, ed è la struttura che i neuroscienziati ritengono fondamentale per il funzionamento della memoria.

Al contrario, il collegamento tra l'ippocampo e la corteccia cerebrale, la cosiddetta corteccia entorinale, che si pensava fosse stata risparmiata, era quasi completamente distrutta: un'area che «potrebbe avere un ruolo più importante di quanto si pensava nel deficit di memoria di HM. La stessa regione che sembra affetta più pesantemente dalla malattia nelle prime fasi del morbo di Alzheimer», ha detto Annese. Di demenza ha sofferto tra l'altro Molaison, negli ultimi anni di vita.

Per gli esperti è ancora difficile mettere in relazione con maggiore precisione le lesioni nel cervello di Molaison con i suoi deficit e la sua amnesia, ma gli studi sul paziente HM proseguono.

Qui sotto, il filmato reso disponibile da The Brain Observatory




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5 febbraio 2014 Chiara Palmerini
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