Con le orecchie, non percepiamo i suoni che ci circondano in maniera continua, ma in una serie di stop-and-go, con un ritmo specifico e particolare. Senza che ce ne accorgiamo, i suoni arrivano al nostro cervello intervallati da spazi di vuoto. A dimostrare per la prima volta la particolarità della nostra percezione uditiva è uno studio svolto in collaborazione tra scienziati dell’Università di Pisa e loro colleghi dell’Università di Sydney.
Sensi stroboscopici. Simili oscillazioni della percezione erano già state descritte per il sistema visivo: in pratica anche quando vediamo ci sono degli intervalli nella nostra percezione, un ritmo paragonabile a quello di una luce stroboscopica. Ebbene, anche l’udito ha un funzionamento stroboscopico, che però è stato finora molto più difficile da evidenziare.
Fluttuazioni nel cervello. Per svelare la natura della percezione uditiva i ricercatori hanno ideato un esperimento, in cui diversi soggetti dovevano ascoltare un suono debole proveniente da diverse direzioni, e nello stesso tempo indovinarne le caratteristiche. In questo modo hanno dimostrato che la sensibilità nel percepire un suono debole non è costante, ma fluttua ritmicamente nel tempo.
I suoni vengono percepiti attraverso “picchi” e “gole”, in cicli che si ripetono circa sei volte al secondo. «È un po’ come se avessimo una sorta di homunculus interno, un “omino” che dà la priorità di volta in volta a una delle due orecchie» esemplifica Maria Concetta Morrone, professore di fisiologia all’Università di Pisa e autrice dello studio.
Udito in linea con l'attenzione. Ancora più interessante, secondo gli autori dello studio, il fatto che questo ritmo è allineato con quello dell’attenzione. «Quando esaminiamo una scena non tutte le sue parti sono ugualmente salienti: alcune ricevono più attenzione di altre e queste vengono analizzate con priorità» ha spiegato Tam Ho, ricercatrice all’Università di Pisa, che ha preso parte alla ricerca. «Questa strategia è molto efficace: permette di concentrare le nostre risorse attentive, di solito limitate, su specifici oggetti di interesse, invece di diluirle su tutta la scena. Allo stesso modo le risorse attentive possono essere concentrate in brevi frazioni di tempo: come una luce stroboscopica che lega insieme gli oggetti della scena illuminati simultaneamente».