Sarebbero le più piccole forme di vita. E sarebbero anche responsabili di malattie come l'infarto. Ma per alcuni rimangono un mistero: troppo piccoli per essere vivi. Ora sono state "catturati" da alcuni ricercatori.
Un'ipotesi suggestiva: le più piccole forme di vita. Foto: © American Physiological Society. |
Vivo, morto o X? La loro esistenza è sempre stata controversa. La prima ipotesi risale al 1998, quando due ricercatori finlandesi, Olavi Kajander e Neva Ciftcioglu, dichiarano di averli isolati nei calcoli dell'uomo. E subito il dibattito scientifico si è acceso. Da una parte chi ne suppone l'esistenza e li ritiene responsabili del tartaro nei denti, dei calcoli, dell'infarto e dell'artrite reumatoide (vedi l'articolo sulle infiammazioni di Focus 140 in edicola fino al 10 giugno 2004). Dall'altra chi ritiene che invece siano troppo piccoli per essere vivi: una cellula, per permettere a Dna e proteine di compiere il loro dovere, dovrebbe avere un diametro di almeno 140 nanometri. I nanobatteri, invece, sarebbero grandi meno di 100 nanometri, ben più piccoli di molti virus che peraltro non riescono a replicarsi da soli.
Caccia all'invisibile. Per catturarli, i ricercatori della Mayo Clinic hanno spappolato piccoli frammenti arterie, calcificazioni di arterie e placche raccolte in due ospedali statunitensi, e li hanno filtrati in modo da eliminare qualsiasi corpo di dimensione superiore ai 200 nanometri. Hanno poi osservato sfere dal diametro di 20-100 nanometri, ricoperte di una sorta di parete cellulare. Tali nanobatteri sarebbero stati isolati soltanto dai tessuti malati, mentre sarebbero assenti in quelli sani. I ricercatori li hanno poi lasciati in una soluzione sterile. Dopo alcune settimane la soluzione era diventata più opaca, segno che probabilmente i nanobatteri si erano riprodotti, crescendo di numero.
(Notizia aggiornata al 24 maggio 2004)