«Hai tutto il futuro davanti» si dice a chi è giovane. E non è solo un modo di dire. Il nostro cervello rappresenta davvero il passato come lo spazio che ci lasciamo alle spalle, e il futuro come quello cui andiamo incontro camminando.
È quanto emerge da uno studio di ricercatori dell’Università di Milano Bicocca, che per la sua originalità si è guadagnato la copertina di Cortex, un’autorevole rivista dedicata alle neuroscienze cognitive.
In avanti o all'indietro. I ricercatori hanno studiato come le persone si rappresentano il tempo rispetto al corpo in movimento, mentre camminano, con un esperimento così congegnato. A 19 volontari, bendati e privi di riferimenti visivi e spaziali, è stato chiesto di classificare alcune parole che si riferivano a concetti temporali legati al passato, per esempio “ieri”, o “prima”, facendo un passo indietro, oppure al futuro, del tipo “domani”, o “dopo”, facendone uno in avanti.
In una seduta successiva dell’esperimento, è stato chiesto di invertire la risposta al comando, facendo un passo indietro se la parola si riferiva al futuro, in avanti se al passato.
La velocità con cui le persone facevano il passo, e il tempo di reazione al comando, è stata misurata con un particolare sistema per l’analisi del movimento fatta da telecamere ad alta definizione che riprendevano alcuni marker posti vicino al ginocchio e al piede destro dei partecipanti. I ricercatori hanno così osservato che quando la parola indicava il futuro e il comando era di muoversi in avanti (o il passato e il muoversi indietro) i volontari erano più svelti sia a partire con il piede, sia a compiere il movimento.
Quando viceversa i comandi erano invertiti, i volontari avevano un ritardo, una sorta di esitazione a iniziare il movimento. La differenza misurata è stata considerevole dal punto di vista di questo genere di test, circa 200 millisecondi.
Tempo spazializzato. Secondo gli autori dello studio questo dimostra come il dominio intangibile del tempo si traduca per noi in quello molto più concreto dello spazio, e come questo avvenga proprio attraverso le azioni del nostro corpo nel mondo fisico. «Questo studio – spiegano gli autori, Luca Rinaldi e Luisa Girelli dell’Università di Milano Bicocca – suggerisce che la rappresentazione di un concetto astratto, come quello del tempo, derivi da esperienze sensori-motorie, quali quella del cammino. Quando camminiamo, infatti, lasciamo fisicamente il passato alle nostre spalle e avanziamo verso il futuro: in questo senso, anche il nostro parlare del tempo in termini spaziali potrebbe avere origine da questa esperienza corporea».