Nella tundra siberiana è stato trovato del Dna vecchio di centinaia di migliaia di anni. E altro Dna è stato scoperto tra i rifiuti di una gabbia di scimmie nello zoo del Bronx.
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La tundra artica siberiana racchiude un vero tesoro in patrimonio genetico che risale al passato. ©Science |
Insieme al Dna delle piante, gli studiosi ne hanno trovato anche di animali siberiani, come il mammut, la renna e il bue muschiato, in sedimenti più recenti.
Lo studio ha dimostrato che anche in zone prive di fossili veri e propri è possibile trovare del Dna; il materiale genetico proviene probabilmente dalle radici delle piante, e dalle feci degli animali, che racchiudono ancora cellule dell'apparato digerente. La stessa tecnica è stata applicata con successo anche in suoli che ricoprivano alcune caverne in Nuova Zelanda.
Questo metodo permetterebbe ai paleontologi di ricostruire con maggiore precisione gli ambienti del passato, insieme alle variazioni climatiche e della vegetazione, senza necessariamente basarsi solo sui pollini e sui fossili esistenti.
Tra le scimmie dello zoo del Bronx. Un'altra fonte particolarmente strana di Dna è stata scoperta all'interno di un programma cui hanno contribuito studenti di liceo degli stati di New York e Pennsylvania.
Frugando fra gli scarti delle gabbie di scimmie dello zoo, in cortili e persino nel suolo nei pressi di un tubercolosario in India, i ricercatori sono riusciti a scoprire una grande ricchezza genetica, proveniente dai cosiddetti micobatteriofagi, virus che attaccano e uccidono vari batteri come quelli che causano la tubercolosi e la lebbra.
Dopo il sequenziamento del genoma di questi organismi, è stato dimostrato che spesso i virus scambiano con estrema facilità pezzi di genoma tra di loro e con gli organismi che attaccano. Secondo il professor Graham Hatfull dell'University di Pittsburgh: «I nostri dati indicano che questi organismi costituiscono il più grande serbatoio di informazioni sul Dna, ma che queste sequenze sono estremamente dinamiche, e si scambiano continuamente i geni con altri organismi».
Secondo i ricercatori, essi si sono imbattuti in una straordinaria diversità genomica, tanto che dei 1600 geni descritti dalla ricerca, solo la metà è già presente in altri database. Un risultato quanto meno inatteso.