Le facoltà cognitive umane si sarebbero sviluppate di pari passo con l'aumento di irrorazione di sangue al cervello: a chiarire l'importanza di un aspetto talvolta sottovalutato dell'evoluzione è uno studio appena pubblicato su Royal Society Open Science.
Una collaborazione tra l'Università di Adelaide (Australia) e quella di Witwatersrand (Sudafrica) suggerisce che l'evoluzione dell'intelligenza umana non sia legata soltanto all'accrescimento delle dimensioni del cervello; ma anche alla sua "sete di sangue", e quindi al suo sempre maggiore dispendio energetico.
Un nuovo approccio. I ricercatori hanno studiato come l'apporto di sangue al cervello è cambiato nel corso dell'evoluzione, esaminando le dimensioni dei fori alla base del cranio attraverso i quali passano le arterie cerebrali. Le analisi hanno coinvolto 35 crani di 12 diverse specie, tre delle quali di australopiteco, ma anche di Homo habilis, Homo naledi, Homo erectus, Uomo di Neanderthal e antichi sapiens.
Una spia dei "consumi". «Più un cervello è attivo dal punto di vista metabolico, più sangue richiede, più grandi sono le arterie che lo irrorano. I fori nei crani sono un indicatore valido delle dimensioni delle arterie» spiega Roger Seymour, a capo del progetto. Finora la valutazione dell'attività cerebrale era legata alle dimensioni dei crani rinvenuti, ma il fattore dell'apporto di sangue non era stato preso in considerazione.
Sete di intelligenza. Dalle analisi è emerso che le dimensioni del cervello, nel corso dell'evoluzione, sono aumentate del 350%, ma che l'afflusso di sangue è cresciuto del 600%, forse per il bisogno di soddisfare il fabbisogno energetico richiesto da un numero crescente di connessioni neurali.