Un articolo scientifico è salito agli onori della cronaca per aver ricevuto quasi 400 citazioni in altrettanti studi. C'è un solo problema: non è mai stato scritto. La vicenda della fonte bibliografica fantasma è stata notata la prima volta da Pieter Kroonenberg, professore emerito di Statistica dell'Università di Leida, Olanda, e risolta dalla collega Anne-Wil Harzing (che ne ha scritto in questo post).
Sfogliando il manuale di stile destinato agli autori dell'editore scientifico Elsevier, Kroonenberg ha trovato la citazione:
I primi indizi. Qualcosa gli è sembrato da subito strano: conosceva un John Van de Geer, ma non sapeva che oltre ad essere un esperto di psicologia sperimentale desse anche lezioni sull'arte di scrivere articoli scientifici. Poi si è accorto dell'errore di spelling: il suo collega si chiama Van de Geer e non Van der Geer, come indicato nella citazione. E poi, la rivista: esiste un Journal of Science Communication, ma si scrive senza la "s" finale.
Dopo avere cercato invano il "paper" si è accorto che non esisteva. Ciò nonostante, dalle ricerche su Google Scholar risultava citato in quasi 400 altri articoli (soprattutto di Paesi con poca dimestichezza con la lingua inglese). Come era stato possibile?
Dimenticato. La spiegazione è semplice e disarmante: quello sulla guida dell'editore Elsevier era un esempio, un facsimile di citazione bibliografica da usare come modello a cui uniformare le proprie. Gli autori distratti l'hanno copiato e incollato nella bibliografia per imitarne la formattazione, e poi si sono dimenticati di toglierlo. Il caso è stato diffuso come esempio della poca accuratezza - anche in termini di editing - di alcune pubblicazioni scientifiche.