Ricercatori dell’
ETH di Zurigo hanno scoperto che i
terremoti possono causare il rilascio di
metano presente nella crosta terrestre e, poiché il gas è un potente gas-serra, il risultato può influire pesantemente sul cambiamento climatico. Le prove di questa ipotesi arrivano da uno studio eseguito sui campioni di sedimenti perforarti nel nord dell’
Arabia Saudita. Uno di questi campioni infatti, estratto a soli 1,6 metri al di sotto del fondo del mare, contiene
ghiaccio idrato, un composto formato da ghiaccio che intrappola molecole di metano. Questo indizio insieme ad altri (come la presenza del minerale
barite) ha fatto pensare che il metano intrappolato dal ghiaccio arrivasse da maggiori profondità.
Ma come aveva potuto arrivare in prossimità del fondo del mare? “Abbiamo cercato nella storia geologica del mare e abbiamo facilmente scoperto che nel
1945 l’area fu interessata da un
forte terremoto”, ha spiegato David Ficher, autore della ricerca. “Il sisma, che fu dell
’8,1 di Magnitudo deve aver portato alla fatturazione di sedimenti profondi che hanno rilasciato il metano che è finito intrappolato nel ghiaccio e che ora se ne sta sul fondo del mare”. Stando alla combinazione dei dati ottenuti i ricercatori hanno potuto stabilire che dal 1945 ad oggi il metano
sfuggito dal profondo è stato di circa
7,4 milioni di metri cubi. “La stima è ottimistica – ha continuato il ricercatore- perché non è detto che tutto il metano sfuggito sia finito nell’area che abbiamo studiato. Potrebbe infatti, essere finito anche altrove”. E forse anche
nell’atmosfera.
Il metano getta sconcerto perché la sua capacità di trattenere calore nell’atmosfera è di almeno
20-25 volte quella dell’anidride carbonica e dunque anche piccoli rilasci di tale gas possono avere ricadute importantissime nel riscaldamento globale.
Anche in Italia?
E intanto serpeggia il dubbio che anche in Italia il terremoto dell’Emilia Romagna abbia rilasciato del metano. Lo sostiene la Gazzetta di Modena dalla quale riporto alcuni stralci: “I terremoti dello scorso anno hanno liberato dal sottosuolo più o meno profondo una considerevole quantità di metano. Circostanza questa che potrebbe riaprire il dibattito sulla capacità delle rocce fratturate sotto la Bassa di trattenere il gas che si è formato naturalmente nei millenni ed è rimasto imprigionato nelle profondità. È quanto sta emergendo ancora in forma embrionale dai controlli scientifici che una squadra indipendente dell’Ingv sta svolgendo in questi giorni nella Bassa, compresa la zona di Rivara, Un tema al centro delle feroci polemiche sul famoso deposito gas, rinverdite anche nei giorni scorsi dal senatore modenese Carlo Amedeo Giovanardi, il quale sui canali della tv di Stato ha di nuovo inquadrato nella stupidità quanti si sono opposti al progetto di stoccaggio in acquifero (il primo del genere) di una società privata controllata a sua volta da una società inglese, per cui il politico modenese si è ripetutamente e intensamente speso negli ultimi anni. Come noto, anche di recente altri nomi illustri dell’Ingv - che avevano collaborato concretamente al progetto di Rivara, condividendolo con i promotori - si sono spesi per la capacità di tenuta delle rocce. Invece il confronto dei dati che gli altri tecnici dell’Ingv hanno raccolto in oltre 500 postazioni lo scorso anno e quelli che sono in fase di raccolta in questi giorni (la squadra è stata segnalata la scorsa settimana a Rivara e a Pavignane) racconta un’altra storia. Racconta che lo scorso anno nel suolo di superficie, nei terreni della Bassa, c’era molto più metano, probabilmente liberato dalle scosse di maggio e di giugno, fino a farlo risalire in superficie. Ovviamente ora serviranno i confronti sulla natura di questo metano. Ce n’è anche essere nelle torbe da decomposizione di sostanze organiche che possono nascondersi alcuni metri sotto il livello dei terreni. Quindi nulla a che vedere con il metano di profondità. Gli esami di particolari elementi, gli isotopi, consentono infatti di ipotizzare meglio di quale tipo di metano si tratti. Ma l’impressione - provvisoria - è che per i tecnici oggi al lavoro la tesi di una risalita dalle profondità non sia affatto amena, anche se saranno prevedibili le azioni per disinnescarla, viste le conseguenze che se ne dovrebbero dedurre. A proposito poi di gas e del deposito di Rivara, difeso come necessario per la necessità di acquistare gas d’estate a prezzo ridotto e di rivenderlo d’inverno, è di ieri la notizia che i depositi italiani esistenti sono pieni al 44%, ben al di sotto dell’85% dello scorso anno. Motivo: la crisi economica, l’autonomia statunitense e l’avanzamento delle energie rinnovabili ha fatto crollare il prezzo del gas, e reso non convenienti o superflue le speculazioni sull’acquisto estivo”.
Una relazione questa che seppur riportata da un autorevole quotidiano deve ancora trovare numerose conferme.