I ghiacciai italiani oggi sono 896; negli anni '50 erano 824. Ma questa non è una buona notizia. Il loro numero è infatti aumentato per via dell’intensa frammentazione in ghiacciai più piccoli. E la superficie totale dagli anni ’80 è passata da 609 km2 agli attuali 368 km2.
All’Università degli Studi di Milano sono stati resi noti i risultati del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani: ambizioso progetto realizzato dall'università di Milano. Il progetto, che ha ricevuto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e del World Glacier Monitoring Service, è stato avviato nel 2012 con l’obiettivo di aggiornare i dati dei due precedenti catasti, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano (CGI) rispettivamente nel 1959-1962 e nel 1981-1984. Un importante contributo economico per la realizzazione di ciò è stato offerto da "Levissima"
Durante la conferenza è stato fornito un quadro del glacialismo italiano e delle relative evoluzioni, dagli anni ’50 ad oggi, per capire lo “stato di salute” del cuore freddo delle nostre Alpi, principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto.
Le Alpi non godono di buona salute
Il quadro che ne esce è il seguente:
896 sono i corpi glaciali oggi presenti sulle montagne italiane, per una superficie complessiva confrontabile a quella del Lago di Garda, ovvero
368 km2. Sono numerosi, frammentati e di piccole dimensioni (si stima un valore areale medio 0,4 km
2), ad eccezione di 3 ghiacciai, che presentano un’area superiore ai 10 km
2: i Forni, in Lombardia, il Miage, in Valle d’Aosta, e il complesso Adamello-Mandrone, in Lombardia e Trentino.
Quest’ultimo detiene il
primato e rappresenta in assoluto il più vasto ghiacciaio italiano,
16,44 km2; ha una forma insolita, che ricorda i grandi ghiacciai della Scandinavia, caratterizzata da un altopiano da cui si diramano tante lingue. Curiosamente ha tolto il primato al Ghiacciaio dei Forni, in Valtellina, non perché l’Adamello-Mandrone si sia ingrandito in modo particolare, ma perché è stata creata una nuova suddivisione su basi glaciologiche. Mentre nel precedente catasto veniva suddiviso in numerosi ghiacciai, recenti rilievi di spessore hanno mostrato che si tratta di un grande corpo glaciale unitario.
In Italia predominano oggi i ghiacciai di tipo “
montano”, che rappresentano il 62%, seguiti dai “
glacionevati”, 35%, e in misura molto ridotta, 3%, dai grandi ghiacciai “
vallivi”.
I ghiacciai italiani sono presenti in tutte le regioni alpine, ma con una distribuzione molto diversificata che dipende, almeno in parte, dalle quote dei massicci montuosi: si passa, infatti, dai134 km2 della Valle d’Aosta, agli 88 km2 della Lombardia, agli 85 km2 dell’Alto Adige per arrivare ai 3,2 km2 del Veneto e agli 0,2 km2 del Friuli-Venezia Giulia. Va anche ricordato che i ghiacciai italiani sono tutti collocati sulle Alpi, con un’unica eccezione: il Calderone in Abruzzo (0,04 km2 di area), ultimo residuo della glaciazione appenninica, ormai frammentato in due parti.
“Nonostante sia tutt’ora in atto una lunga fase di
regresso glaciale, l’incremento della copertura detritica superficiale potrebbe
ridurre i ritmi di fusione, mentre l’incremento di polveri naturali o antropiche potrebbe aumentarla. La variabilità meteo-climatica, con inverni molto nevosi ed estati fresche ed umide, favorirebbe inoltre periodi di rallentamento di questa attuale fase negativa. A fine estate 2013, ad esempio, la riduzione di spessore di molti ghiacciai italiani è stata minore rispetto a quella registrata negli anni precedenti, a causa delle forti nevicate dell’inverno 2012-2013. E’ chiaro che, per avere una vera e propria inversione di tendenza, dovrebbe verificarsi una successione, almeno decennale, di queste caratteristiche meteo-climatiche, come quella del 1965-1985.”, spiega il professor Smiraglia, a capo del progetto di ricerca.
E’ dunque chiaro come i ghiacciai, che rappresentano da sempre un’importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica, siano diventati in questi ultimi anni il simbolo più tangibile ed affidabile delle rapide trasformazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo. Questo spiega l’importanza di un Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani e l’impegno di Levissima nello studio dei loro cambiamenti. “Levissima, marchio di acqua minerale del Gruppo Sanpellegrino, ha nel suo DNA la natura incontaminata e la passione per l’alta montagna, da cui trae tutta la sua purezza. -afferma Daniela Murelli, Direttore Corporate Social Responsibility del Gruppo Sanpellegrino - Proprio per questo collaboriamo con l’Università degli Studi di Milano dal 2007, con l’obiettivo di conoscere e tutelare il patrimonio freddo delle nostre montagne. Il progetto che presentiamo oggi ha un valore non solo strettamente scientifico, ma anche applicativo e culturale; grazie alle informazioni tratte dal Nuovo Catasto abbiamo, infatti, realizzato una vera e propria mappa dei ghiacciai italiani, fruibile da tutti gli appassionati e già disponibile sul sito www.levissima.it”.