Per fronteggiare chi minaccia la loro sopravvivenza (per esempio, gli antibiotici), i batteri hanno sviluppato una forma di comunicazione che permette di scambiare segnali elettrochimici anche a grandi distanze. La tecnica che usano la conosciamo bene, ma non ci saremmo aspettati di vederla sfruttata da organismi così semplici: è la percolazione.
Fenomeno noto. Il termine percolazione (da percolare, "filtrare, colare attraverso") descrive, in fisica e geologia, il graduale passaggio di un liquido attraverso un mezzo poroso: per esempio, quello dell'acqua dal serbatoio della moka attraverso lo strato di caffè macinato - ma anche quello dei liquami dei rifiuti putrefatti attraverso il terreno e fino alle falde acquifere... Nell'industria petrolifera, si massimizza la resa estraendo da sabbie percolate, dove gli strati rocciosi sono abbastanza porosi da permettere al petrolio di fluire in un'area estesa.
Tuttavia, intesa in senso più ampio, ossia come modo di riempire di oggetti una serie di spazi vuoti, la teoria della percolazione è usata come modello per spiegare fenomeni molto diversi, dalla propagazione degli incendi in una foresta alla diffusione di malattie all'interno di una popolazione. In base a uno studio appena pubblicato su Cell Systems, potrebbe spiegare anche le interazioni tra batteri della stessa comunità, o biofilm.
Mandate cibo! I biofilm sono aggregazioni a pellicola di batteri geneticamente identici, resistenti e difficilmente neutralizzabili. Le cellule alla periferia di queste comunità tendono a crescere più forti rispetto a quelle che si trovano all'interno, perché più vicine alle fonti di nutrimento. Per mantenere l'equilibrio e assicurarsi che tutta la famiglia riceva ciò di cui ha bisogno, senza palesi iniquità, i batteri più interni inviano segnali elettrochimici a quelli esterni per bloccarne i consumi e permettere ai nutrienti di passare fino alle zone meno esposte.
«Ciò mantiene l'interno ben nutrito, così se un attacco chimico si porta via alcune delle cellule esterne, allora l'interno protetto è capace di resistere, e l'intera popolazione può sopravvivere», spiega Joseph Larkin, dell'Università della California a San Diego. Per provare a descrivere il modo in cui questi segnali elettrochimici si propagano di cellula in cellula, in assenza di strutture specializzate come gli assoni dei neuroni, Larkin e colleghi hanno pensato alla percolazione.
Telefono senza fili. Le analisi di centinaia di cellule batteriche in un biofilm hanno confermato i loro sospetti: usando il microscopio a fluorescenza, è stato possibile identificare le cellule che stavano trasmettendo il segnale, e verificare che queste si trovavano nella zona di transizione tra cellule che lo avevano già ricevuto e cellule che ancora ne erano all'oscuro.
«È interessante notare che questi batteri, che definiamo organismi semplici, unicellulari, usano una strategia piuttosto sofisticata per risolvere questo problema a livello comunitario. Così sofisticata che l'uomo la sfrutta per estrarre il petrolio», conclude Larkin.