Più della metà dei contenuti pubblicati sul web sono immagini. Grazie al formato JPEG “pesano” poco e sono qualitativamente discrete ma secondo Google si può fare ancora meglio. Così propone il WebP, un formato ancora più efficace che promette di far smaltire alle immagini quei pixel di troppo.
“Il formato WebP comprime le immagini molto più del JPEG a parità di qualità”
Formato “lossy” - Il formato JPEG (Joint Photographic Experts Group) è lo standard grafico che va per la maggiore sul web. Riconosciuto come standard nel 1992, il Jpeg è un formato grafico di tipo “lossy”, ossia a perdita di informazione, nel senso che le immagini sono compresse per ridurne le dimensioni con il conseguente “sacrificio” di alcuni pixel. Un trucchetto che sfrutta una debolezza dell’occhio umano che non percepisce le piccole variazioni di colore e di luminanza quindi, se in fase di compressione, saltano fuori due pixel con caratteristiche cromatiche simili, il JPEG ne tiene solo uno. Lo stesso fanno anche il PNG e il GIF, altri due formati tipici del web.
Immagini light – Le foto e le altre immagini, stando alle statistiche di Google, rappresentano circa il 65 per cento di tutto il contenuto presente in Rete. Riuscire a ridurre il “peso” dei file grafici significa ridurre il traffico web in crescita a dir poco esponenziale. Mountain View è corsa ai ripari “ritoccando” il formato JPEG e vuole sostituirlo con il WebP. Google sostiene che il “suo” JPEG è in grado di ridurre il peso delle immagini, a parità di qualità, di ben il 40 % grazie al codec open source V8 e al container RIFF. Questo significa ridurre, di conseguenza, i tempi di caricamento della pagine e il traffico web. Il rovescio della medaglia è che la codifica (quindi la compressione) delle immagini WebP richiede tempi otto volte più lunghi rispetto al JPEG e la decodifica di circa due volte. Mountain View, comunque, fa sul serio e ha messo a disposizione degli sviluppatori e dei web designer gli strumenti necessari per verificare di persona i vantaggi del nuovo formato.
Anche i video – La voglia di cambiamento di Google non si ferma alle immagini, ma prende di mira anche i video. In questo caso il formato si chiama WebM e si candida come sostituto dell’H.264, il formato per la riproduzione di video sui dispositivi portatili come tablet, netbook e smartphone.