Il nostro collega Vito Tartamella ha appena terminato la raccolta più completa degli scherzi che hanno fatto (e a volte cambiato) la storia della scienza, da Franklin a Tesla, dai laboratori del Cern alla rivista Science. Il frutto della sua ricerca è il libro "Il pollo di Marconi e altri 110 scherzi scientifici" (Dedalo edizioni). Gli abbiamo chiesto di spiegarci come è nata l'idea di questo volume e di raccontarci, in anteprima, cinque degli scherzi più divertenti che ha raccolto.
L'idea di questo saggio mi è venuta nel 2014, quando ho scoperto una beffa clamorosa, durata 27 anni: uno studio, pubblicato sulla rivista Journal of statistical physics, che aveva tra i firmatari un certo Stronzo Bestiale dell'Istituto per gli Studi Avanzati di Palermo. Com'era possibile?
Quando svelai il retroscena di questa ricerca, ne parlò anche il sito della rivista Science. E diversi scienziati di tutto il mondo mi scrissero per segnalare altri scherzi. Era un aspetto di cui non immaginavo l'esistenza, così ho deciso di approfondire. Scoprendo che il caso Bestiale non era affatto un caso isolato: enti di ricerca come la Nasa, il Cern, il FermiLab, riviste del calibro di Science e Nature, musei e laboratori di tutto il mondo avevano architettato burle clamorose negli ultimi 150 anni (e non soltanto in occasione del primo aprile).
Fra i burloni figurano anche 5 premi Nobel (Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Hans Bethe, Richard Feynman e Andrei Geim) e altre celebrità come Benjamin Franklin, Nikola Tesla, Richard Branson, Enrico Bombieri, Thomas Edison, Isaac Asimov (quando faceva il dottorato in chimica all'università).
Ma cosa spinge gli scienziati a fare scherzi, ovvero a raccontare bufale, mettendo a rischio il loro patrimonio più prezioso, la credibilità? Le burle sono nel Dna degli scienziati fin dal Medioevo: in occasione delle principali festività i monaci scrivevano versioni parodistiche dei trattati, un divertimento intellettuale. E nelle neonate università i goliardi, intellettuali vagabondi, erano noti per i loro scherzi.
Oggi, a queste motivazioni se n'è aggiunta una terza, quella di mettere in ridicolo pregiudizi diffusi o di smascherare le riviste scientifiche poco serie. Come fece nel 1996 il fisico Alan Sokal con "Social text", la rivista del postmodernismo, una corrente di pensiero che critica ogni disciplina considerandola figlia dei poteri economici e politici. Sokal le inviò un articolo del tutto insensato, che dipingeva la forza di gravità come una "finzione capitalista".
La rivista tuttavia lo pubblicò: era la dimostrazione, commentò Sokal, che quella rivista neppure leggeva con attenzione quanto pubblicava, abbagliata dai paroloni di un gergo fumoso (come avevamo raccontato in questo articolo).
Questa beffa è poi diventata un metodo, un test-trabocchetto usato da diversi scienziati per smascherare le riviste predatorie, cioè quelle che pubblicano qualunque cosa purché a pagamento.
Ma quali sono gli scherzi scientifici passati alla storia? Ne ho scelti 5 per i lettori di Focus.it.
1. Dopo Higgs, Eggs
Ricordate il bosone di Higgs, la sfuggente particella subatomica? Teorizzata dal fisico britannico Peter Higgs nel 1964, le sue tracce furono scoperte solo nel 2012 al Cern di Ginevra, che ne diede l'annuncio a una conferenza seguita in diretta dai fisici di tutto il mondo. E nel 2013 Higgs ricevette il Nobel per la fisica.
Ebbene, dopo la particella di Higgs, a distanza di un lustro, il Cern ha annunciato d'aver scoperto un'altra particella: quella di... Eggs ("uova" in inglese), così chiamata perché «predetta più di 40 anni fa da Peter Eggs». Se il bosone di Higgs dà la massa ad altre particelle fondamentali, quello di Eggs dà loro il "sapore": in fisica, il "sapore" è un valore che descrive alcune caratteristiche delle particelle (energia, forma orbitale, magnetismo, spin).
«Se non esistesse la particella Eggs, tutto il cibo ora avrebbe lo stesso sapore» scrive il Cern. «Studiando la produzione e le proprietà di decadimento di questa nuova particella, i fisici hanno confermato che è composta da due uova, che trasportano la "forza forte" (quella che tiene i protoni uniti coi neutroni nel nucleo di un atomo, ndr) appiccicosa. La strada per la grande unificazione tra fisica subatomica e gastronomia molecolare è ora spalancata».
Straordinario che il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle sappia guardarsi anche con uno sguardo autoironico.
2. Mostri di Loch Ness
"La densità di popolazione di mostri nel lago Loch Ness": non è un articolo di un sito di bufale, ma il titolo di una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica "Limnology and Oceanography" da R. Sheldon e da S. Kerr del Bedford Institute of Oceanography di Dartmouth.
I due studiosi si propongono di stimare scientificamente il numero di mostri che possono esistere a Loch Ness, dato che «sono state fatte pochissime osservazioni quantitative. Non sappiamo niente della loro distribuzione». E così hanno calcolato quanti esseri viventi potrebbe alimentare il lago: «Un lago oligotrofico profondo come Loch Ness dovrebbe dare una resa annua compresa tra 0,55 e 2,75 kg ogni ettaro l'anno. Dato che l'area di Loch Ness è di circa 5.700 ettari, la massa totale dei mostri nel lago è quindi compresa tra 3,135 e 15.675 kg.
La taglia media minima è fissata arbitrariamente in 100 kg; qualcosa di più piccolo non è abbastanza mostruoso». Dato che i mostri «sono stati visti nel lago per centinaia di anni, deve esserci una popolazione in grado di riprodursi. Ma poiché nessuno ha mai visto i loro cadaveri, devono essere grandi e longevi: dunque, concludono i ricercatori, il lago potrebbe ospitare una popolazione di 20 individui del peso di 1.500 kg e lunghi 8 metri».
3. Una strana famiglia botanica
Nel 2007 la rivista "Ethnobotany research and applications" pubblica uno studio epocale: dopo 6 anni di ricerca, è stata scoperta una famiglia di piante mai studiate prima. «Sembrano essere virtualmente immortali, formano facilmente non solo incroci con altre specie ma anche con altri generi, nonostante siano prive di qualsiasi materiale genetico».
Le piante - 80 specie suddivise in 17 generi - sono diffuse in tutto il mondo: sono chiamate "Simulacraceae". Si possono trovare, scrive Nat Bletter, autore della ricerca in «cimiteri, giardini, sfilate, ristoranti, musei, studi dentistici, supermercati, camere d'albergo…. Non sembrano esserci limiti agli habitat in cui le Simulacracaee possono crescere, tranne forse, allo stato selvatico, sebbene l'espansione dell'areale possa essere direttamente correlata all'impatto antropico».
Avete capito di che si tratta? È una parodia degli studi botanici, in questo caso applicati alle… piante di plastica.
4. Quelli che mettono Dylan nelle ricerche
Era il 1997 e Jon Lundberg e Eddie Weitzberg, docenti al Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell'istituto Karolinska (il più grande centro di ricerca accademica medica della Svezia), avevano pubblicato un articolo su "Nature Medicine" dal titolo: "Ossido nitrico e infiammazione: la risposta soffia nel vento" ("Nitric oxide and inflammation: The answer is blowing in the wind").
Era un omaggio al ritornello della celebre canzone "Blowin' in the wind" di Bob Dylan (1964), del quale gli autori sono fan. Il caso non rimase isolato: nel 2003 due altri ricercatori del Karolinska, Jonas Frisén e Konstantinos Meletis pubblicarono un'altra ricerca sulle cellule neuronali ispirata a Dylan: "Blood on the Tracks: A Simple Twist of Fate?" ("Sangue sulle tracce: un semplice scherzo del destino?") che citava due successi del menestrello, l'album "Blood on the tracks" (1975) e la canzone "Simple twist of fate".
A quel punto, Lundberg e Weitzberg decisero di trasformare l'idea in una sfida: chi avesse scritto il maggior numero di articoli con citazioni di Dylan avrebbe vinto una cena al ristorante. Al quartetto si è poi unito Kenneth Chien, docente di ricerca cardiovascolare, e la scommessa è tuttora aperta.
A una sola condizione: che la citazione «sia collegata al contenuto scientifico, rafforzi il messaggio e innalzi la qualità dell'articolo».
Fra gli scienziati, comunque, la passione per Dylan è molto diffusa: il British Medical Journal ha scoperto che nella letteratura biomedica almeno 213 ricerche citano canzoni di Dylan fin dal 1970.
5. L'inferno su Mercurio
Nel 2004 la Nasa aveva inviato la sonda Messenger per studiare il pianeta Mercurio, il più vicino al Sole. Quando ha esaurito il suo propellente, nel 2015, la Nasa l'ha fatta precipitare sulla superficie del pianeta con un impatto controllato, a 14mila km orari.
In un articolo, il sito della rivista "Science" annuncia che poco prima di distruggersi, la sonda aveva registrato i suoni di voci umane in diverse lingue, e immagini sgranate di persone. Padre Felix Flammis, portavoce dell'Osservatorio Vaticano, ha definito quelle registrazioni come «Una prova inconfutabile dell'esistenza dell'inferno».
La scoperta, continua "Science", è una sorpresa: fino a oggi, si riteneva fosse Venere il principale candidato a ospitare l'Ade, avendo una temperatura superficiale media di 462 °C, un'atmosfera opprimente e piogge di acido solforico. Altri scienziati, aggiunge l'articolo, «non scartano del tutto l'ipotesi e pensano, anzi, che possano esistere più inferni nel nostro Sistema solare»: anzi, secondo la teoria delle stringhe «la teoria dei molti inferni non è solo plausibile, ma altamente probabile», afferma Franklyn Stein, fisico teorico all'University College di Londra». Era un clamoroso pesce d'aprile.