Scienze

Non è detto che i ghiacci antartici siano destinati a scomparire

Uno studio mette discussione le previsioni pessimistiche degli scienziati sul destino dei ghiacci antartici: forse la situazione non è compromessa (ma la preoccupazione resta).

Il collasso incontrollato della calotta glaciale dell'Antartide occidentale è uno degli spauracchi dell'umanità intera perché potrebbe innescare un catastrofico innalzamento del livello del mare. Per fortuna adesso una nuova ricerca, pubblicata su Nature Communications, sostiene che la fusione dei ghiacci antartici non sia "inevitabile": è questo il risultato del lavoro che ha recentemente monitorato la risposta di una vasta regione antartica al cambiamento climatico in atto.

Il timore. Gli scienziati del clima, infatti, temono che con l'aumento della temperatura si vada sempre più verso situazioni che portano a "punti di non ritorno", che in Antartide possono innescare la fusione irreversibile delle massicce calotte glaciali, portando a ridisegnare i confini tra gli oceani e la terraferma. 

Il nuovo studio suggerisce che le interazioni tra clima e calotta glaciale dell'Antartide occidentale, che ospita gli enormi e instabili ghiacciai di Pine Island e Thwaites – soprannominati "ghiacciai dell'apocalisse", in quanto la loro fusione potrebbe far innalzare il livello dei mari di circa tre metri – è molto più complessa di quel che si pensava. 

Il ruolo dei venti. Utilizzando immagini satellitari e registrazioni oceaniche e climatiche raccolte tra il 2003 e il 2015, infatti, il gruppo di ricerca ha scoperto che il ritiro dei ghiacci nelle regioni vicine a quelle in questione è molto variabile in rapporto ai cambiamenti delle temperature delle correnti oceaniche: queste, a loro volta, sono influenzate dai venti che arrivano dal di fuori dell'Antartide e che producono differenze pronunciate di clima sulle diverse regioni.

In altre parole i cambiamenti nella forza e nella direzione di questi venti superficiali possono alterare le correnti oceaniche che hanno un ruolo importante nel destabilizzare o meno la calotta antartica. A dimostrazione della variabilità della situazione antartica i ricercatori sottolineano come nel Mare di Bellingshausen il ritmo del ritiro dei ghiacci è accelerato dopo il 2003, mentre è rallentato nel Mare di Amundsen.

Visto che le condizioni oceaniche e atmosferiche sono così importanti, i ricercatori si sono chiesti quanto l'aumento delle temperature da solo possa influenzare l'andamento delle calotte glaciali dell'Antartide.

La preoccupazione resta. Spiega Eric Steig dell'Università di Washington a Seattle, coautore dello studio: «Questa variabilità climatica, che non ci aspettavamo, dice che il collasso del calotta glaciale non è inevitabile. Dipende da come cambierà il clima lungo la costa dell'Antartide occidentale nei prossimi decenni in relazione alla complessità dei fattori in gioco. E su questo, comunque, hanno un ruolo importante le emissioni dei gas serra».

Ma anche se l'instabilità di tutto l'Antartide occidentale è in discussione, ciò non toglie, dice lo studio, che i ricercatori siano preoccupati circa la situazione dei ghiacciai di Pine Island e Thwaites, perché sono davvero vicini al punto critico di non ritorno: anche se esiste una certa variabilità nel comportamento dei ghiacciai, non si può assolutamente ipotizzare che tutto stia per rientrare nella normalità.

26 gennaio 2023 Luigi Bignami
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