A pensarci bene fa un po’ impressione, ma dal punto di vista biochimico ogni nostro pensiero, movimento, azione volontaria o involontaria sono affidate a qualche miliardo di neuroni, le cellule che formano il nostro cervello. E ciascuno di essi contiene a sua volta milioni di proteine che assolvono i compiti più vari.
Cosa c’è dentro?
Come queste proteine interagiscano tra loro per formare la complessa rete neurale degli animali è, in gran parte, ancora un mistero. Recentemente un team di ricercatori dell’Università di Miami è però riuscito, per la prima volta, a osservare questi processi in diretta dentro a un organo vivo.
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Grazie a una nuova tecnica Akira Chiba e i suoi colleghi sono riusciti ad osservare l’interazione tra proteine nel cervello di un animale durante i vari stadi dello sviluppo embrionale. “Ora che il progetto genoma è stato completato, dobbiamo capire cosa fanno le proteine codificate dai diversi geni” spiega Chiba alla stampa. “Il nostro obiettivo finale è quello di creare una mappa sistematica delle interazione tra le proteine nel cervello degli esseri viventi”
Nel cervello della mosca
Lo studio è stato condotto su alcuni esemplari di mosca della frutta (Drosophila melanogaster): questo insetto è trasparente e i suoi vari organi possono essere osservati facilmente in tutti gli stadi di sviluppo utilizzando un microscopio a fluorescenza.
Gli scienziati si sono concentrati su due proteine specializzate nel guidare lo sviluppo dei neuroni duranti l’accrescimento cerebrale: la Rho GTPase Cdc42 e la WASp (Wiskot-Aldrich Syndrome protein), entrambe presenti anche nell’uomo.
In particolare Chiba ha osservato un fenomeno noto come FRET (Förster resonance energy transfer) che si manifesta quando due proteine si trovano molto vicine una all’altra (a circa 8 nanometri di distanza). Nel caso delle due proteine oggetto della ricerca, la FRET si è manifestata nello stesso momento e nello stesso punto in cui si sono formate nuove sinapsi nel cervello della baby mosca.
«Si tratta della prima dimostrazione in vivo degli effetti scatenati nel cervello dall’interazione tra due proteine» conclude il ricercatore. Le tecniche utilizzate fino ad oggi, che prevedevano l’utilizzo di manipolazioni chimiche o fisiche delle cellule oggetto dello studio, finivano quasi sempre per rovinare, se non addirittura uccidere, le cellule stesse prima che potessero fornire informazioni utili.
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