Facebook è talmente usato, amato e apprezzato da essere profanamente ritenuto un bene comune. E invece non bisognerebbe mai dimenticare che è e rimane un'azienda privata, come ribadisce l'ultima notizia.
“Se usi la parola face in un programma, devi pagare Zuckerberg”
Inedito Copyright - Per molto tempo Facebook ha provato a registrare, come suo marchio, un vocabolo di uso comune: la parola "face". Ora l'ufficio dei brevetti americano ha deciso di garantire l'uso esclusivo da parte del social network, nell'ambito delle applicazioni.
L'antefatto - Bisogna fare un passo indietro nel tempo: Facebook ha preso l'intenzione di registrare il sostantivo per via di un sito chiamato Faceparty.com, che è di Aaron Greenspan, l'ex-amico che ha portato in giudizio il capo di Facebook, Mark Zuckerberg, per la creazione dello stesso social network, come sa chi ha visto il film di David Fincher.
La nota dell'ufficio registri - Fino a che Facebook paga la tassa di utilizzo, il sito social più noto del mondo ha legalmente il diritto di usare la parola "face" come marchio registrato, nei casi in cui sia riferita, come riporta la burocratica nota dell'ufficio brevetti, a servizi di telecomunicazioni, nomi di servizi online, chat online, bollettini elettronici per la trasmissione di messaggi tra computer e utenti, nel campo di interesse generale e concernenti argomenti sociali e di intrattenimento.
Cosa vuol dire - In pratica significa che se qualcuno decidesse di creare un nuovo sito o un nuovo servizio online con un nome come FaceMeet, FacePeople o simili, dovrebbe pagare i diritti a Mark Zuckerberg. Il porre la propria bandierina commerciale, anche se solo nel mondo digitale, su qualcosa che è considerato comune e di tutti non è certo una novità: da molti anni Apple detiene il marchio registrato “chicago” per un suo carattere per computer.
Pericolo per l'umanità? - Come ha recentemente illustrato in un bell'articolo in uscita sul numero di dicembre di Scientific American il creatore del Web, Sir Berners-Lee, a vent'anni dalla sua invenzione il World Wide Web è diventato una preda per i profitti delle aziende. Il papà del Web nel 1990 non sospettava che i futuri grandi gruppi fagocitassero la sua invenzione: “l'obiettivo del Web consiste nel servire l'umanità. Lo abbiamo costruito cosicché chi verrà dopo possa creare cose che non eravamo in grado neanche di immaginare, quindi sviluppatori Web, aziende, governi e cittadini dovrebbero lavorare insieme in modo aperto e cooperativo per preservare i principi fondamentali del Web”.
E non solo per poter fatturare.