Uno degli errori più diffusi sull'evoluzione è il ritenere che si tratti di una marcia in progressione, una scala solamente in salita che porta, guarda caso nel suo gradino più alto, proprio all'uomo. Essa è invece tutt'altro che un processo lineare e non risponde in alcun modo a un progetto a lungo termine. Faremmo meglio a raffigurarcela piuttosto come un albero molto ramificato con alcune fronde morte, tentativi più o meno riusciti di adattarsi a nuove opportunità e condizioni.
La storia del pesce "bastian contrario" Qikiqtania wakei, raccontata in un articolo su Nature, è un perfetto antidoto a questa idea diffusa, e sbagliata, sulla storia dei viventi.
Il gran rifiuto. All'incirca 375 milioni di anni fa, un gruppo di pesci vagamente simili ad anguille giganti abbandonò le pozze d'acqua bassa lasciate dalle maree appoggiandosi su pinne modificate e colonizzò con i primi incerti passi la terraferma. Questi animali di transizione rappresentano i precursori dei tetrapodi, un gruppo di vertebrati con quattro zampe complete di spalle, gomiti e polsi da cui discendono anfibi, uccelli, rettili e mammiferi (uomo incluso).
E se qualcuna di queste specie avesse a un certo punto... cambiato idea, ripiegando di nuovo verso il mare aperto? Il fossile di un pesce scoperto nel 2004 ma analizzato da poco, il Qikiqtania wakei, fece proprio questo cammino opposto.
Meglio nuotare. L'anatomia dell'animale suggerisce che appartenesse proprio a questo lignaggio "ponte" tra pesci e tetrapodi ma che, diversamente da quello che sarebbe poi diventato l'antenato dell'uomo, i suoi avi decisero di rinunciare da subito a camminare per fare ritorno in acqua. La ricerca è stata portata avanti dal laboratorio dell'Università di Chicago di Neil Shubin, lo stesso che nel 2004 aveva contribuito alla scoperta del Tiktaalik, il più noto di questi animali di transizione tra pesci e tetrapodi. Il Qikiqtania wakei gli somiglia, ma ha caratteristiche che lo rendono più portato per la vita acquatica.
Pinne per remare. Il Qikiqtania era molto più piccolo: una settantina di centimetri contro i 2,7 metri di lunghezza del "cugino". Ma soprattutto, era provvisto di una pinna pettorale con un osso dell'omero privo dei rilievi che di solito indicano i punti di inserzione dei muscoli nei tetrapodi, dotati di arti che possono funzionare sulla terraferma.
Le pinne superiori del Qikiqtania appaiono lisce e ricurve, più adatte a remare sott'acqua, e sono comunque diverse da quelle dei pesci che non tentarono mai di passare all'asciutto.
Le ossa degli arti suggeriscono in modo chiaro un ritorno alla vita acquatica dopo un tentativo di camminata sulla terra tentato dai suoi antenati.
Finito in secondo piano. Il fossile del Qikiqtania fu scoperto nel 2004 sull'isola di Ellesmere, la più settentrionale delle isole artiche canadesi nel territorio del Canada di Nunavut. La roccia in cui si era conservato, saltata all'occhio grazie ad alcune scaglie bianche sulla superficie, fu messa da parte e per un po' dimenticata, perché negli stessi giorni fu scoperto il Tiktaalik, un pesce con le pinne lobate ma allo stesso tempo con le strutture ossee tipiche delle braccia, capace di camminare nelle pianure fangose e sul fondo delle paludi, in grado di sorreggere il proprio corpo sulla terraferma e di respirare all'aria.
Negli ultimi tre anni lo stesso gruppo, interrotto dai lockdown dovuti alla pandemia, ha analizzato quei campioni di roccia con Tac ad alta risoluzione, mettendo a fuoco la struttura delle mascelle, del collo e della pinna pettorale del fossile e concludendo che il Qikiqtania era senza dubbio un animale acquatico, un predatore che viveva sott'acqua e prediligeva i fondali profondi.
A VOLTE RITORNANO. Per capire il suo ritorno alla vita acquatica, Shubin paragona il suo percorso a quello, compiuto 50 milioni di anni più tardi, da alcuni mammiferi terrestri che si riadattarono all'acqua - gli antenati di balene e delfini. Ecco, la scoperta del Qikiqtania suggerisce che alcuni dei nostri più remoti avi rinunciarono a camminare subito dopo averci provato.
Nel suo rientro in acqua, il Qikiqtania portò però con sé un'utile strategia di caccia imparata dai tetrapodi sulla terraferma: un modo di attaccare le prede prima mordendole e poi risucchiandole tra le fauci.