Più caldo fa, meno sesso si fa: diversi studi scientifici sembrano dimostrare che il legame tra la disponibilità sessuale e il clima esiste. Prendiamo l'estate: quando il termometro sale, ci si veste di meno e l'esposizione di più pelle nuda può aumentare l'eccitazione altrui. Per converso, però, quando fa molto caldo, si suda di più, e quindi più facilmente si puzza, scoraggiando così eventuali profferte amorose. Difficile quindi stabilire se a giornate d'inferno conseguano notti altrettanto roventi.
che sesso che fa. Una ricerca americana che riguarda i tassi di natalità, dimostrerebbe che caldo non è sinonimo di passione e sesso: a un periodo di grande calore, con una media giornaliera superiore ai 27 gradi, segue sempre, infatti, un crollo dei tassi di natalità negli 8-10 mesi successivi.
È accaduto nel 2015 negli Stati Uniti, quando le ondate di calore hanno portato a uno slittamento del periodo in cui è più alto il concepimento dei figli, passato in quell'anno dalla primavera alla fine dell'estate. Secondo alcune ipotesi, esposte sulla rivista scientifica Demography, negli ultimi decenni l'aumento delle temperature avrebbe addirittura determinato nel mondo un calo delle nascite stimato in poco meno di 107 mila bambini l'anno, per quanto non sia chiaro se il fenomeno si debba a una minore attività sessuale dei futuri genitori, spossati dall'afa, o a un abbassamento del loro tasso di fertilità a causa dei picchi di calore e soprattutto all'inquinamento che li determina (i cambiamenti climatici infatti dipendono quasi esclusivamente dalle sostanze dannose immesse nell'ambiente dalle attività umane).
Inquinamento e stile di vita. Secondo l'epidemiologa newyorkese Shanna Swan, autrice di Count Down - come il nostro stile di vita minaccia la fertilità, la riproduzione e il futuro dell'umanità (ed.Fazi), l'inquinamento è la vera causa di fenomeni come la riduzione delle dimensioni medie del pene o la minore capacità in entrambi i sessi di avere figli. «Oggi, in alcune regioni del mondo, la fertilità media di una ragazza di 20 anni è inferiore a quella di sua nonna a 35 anni», afferma Swan, definendo la situazione una crisi esistenziale globale.
Secondo la studiosa, questa riduzione sarebbe causata da alcuni inquinanti, in particolare gli ftalati, sostanze chimiche che fino a qualche anno fa si usavano per fabbricare giocattoli, imballaggi alimentari, detersivi e cosmetici, che accumulandosi nel corpo alterano l'equilibrio ormonale.
Soprattutto quello maschile: dopo aver esaminato 185 studi che hanno coinvolto quasi 45.000 uomini, Shanna Swan e il suo team hanno concluso che nei Paesi occidentali il numero medio di spermatozoi prodotti è diminuito del 59% tra il 1973 e il 2011, mentre sugli anni seguenti ci sono meno dati ma il trend prosegue.
Uno spermageddon destinato a raggiungere l'apice nel 2045 quando, prevede la studiosa «la maggioranza delle coppie dovrà ricorrere a tecniche di gravidanza assistita per riuscire ad avere figli». Gli inquinanti che influiscono sull'equilibrio ormonale, inalati o ingeriti dalle mamme in gravidanza, potrebbero infatti essere la causa anche di leggere variazioni nell'anatomia maschile: in alcuni bambini esposti agli ftalati durante la vita fetale è stata misurata, alla nascita, una minore distanza anogenitale, misura anatomica che di solito è correlata a dimensioni del pene più contenute.
Flop maschile. L'inquinamento, inoltre, può determinare il flop maschile trale lenzuola: secondo un'indagine statunitense condotta su 400uomini adulti, le persone esposte ad alti livelli di inquinamento atmosferico rischiano di fare una magra figura incamera da letto il 15% delle volte in più rispetto alla media. Infatti, quandosi respira molta CO₂, il corpo reagisce producendo più serotonina, che causa una diminuzione della libido.
Tratto da Che sesso fa, di Elisa Venco, pubblicato su Focus 355 (giugno 2022), disponibile sempre in formato digitale. Leggi anche il nuovo Focus in edicola!