Un reattore nucleare capace di illuminare un'intera città, ma alloggiabile nel retro di un camion: il sogno di ogni appassionato di fisica sarebbe attualmente allo studio degli esperti della Lockheed Martin, l'azienda statunitense nota per gli innovativi progetti nel campo della difesa e dell'aeronautica militare.
Il 15 ottobre il colosso ingegneristico USA ha rilasciato alcune informazioni sul progetto di un reattore a fusione nucleare compatto (Compact Fusion Reactor, CFR), che potrebbe - secondo lo scarno comunicato - fornire energia pulita e a basso costo sul mercato entro una decina di anni (ma i prototipi potrebbero essere addirittura pronti tra 5 anni).
Grandi promesse. Grazie a un metodo innovativo per mantenere il plasma - il gas super ionizzato necessario perché avvenga la fusione - lontano dal confine fisico del reattore, la compagnia spera di realizzare un prototipo funzionante grande un decimo rispetto ai reattori progettati finora, come il progetto internazionale ITER, attualmente allo studio in Francia.
Un reattore "tascabile". Il prototipo annunciato dalla Lockheed potrebbe produrre fino a 100 megawatt (MW) di energia elettrica (abbastanza per sostenere 30-40 mila appartamenti) e non misurare più di 7 metri. Stazza che permetterebbe anche di alimentare veicoli spaziali, navi commerciali o aeroplani a fusione nucleare, che non avrebbero così più bisogno di propellente organico o chimico.
I dubbi. Per le dimensioni della notizia, e per la mancanza di pubblicazioni scientifiche allegate al comunicato, l'uscita della Lockheed è stata accolta con scetticismo. È dagli anni '20 del '900, ossia da quando si è scoperto che sono le reazioni di fusione nucleare a tenere "accese" le stelle, che gli scienziati studiano un modo per riprodurre questo tipo di reazioni in modo controllato ed economico.
Come funziona. La fusione nucleare è un processo che mira a ottenere grandi quantità di energia dalla fusione di nuclei atomici, che normalmente tenderebbero a respingersi: solitamente si tratta di isotopi di idrogeno, fusi a formare elio. Per realizzare questo processo le stelle mettono in gioco milioni di gradi di temperatura: è qualcosa che l'uomo cerca di emulare con i due progetti internazionali Iter e Nif.
gli ostacoli. Una delle maggiori sfide che incontrano i ricercatori è fare in modo che il plasma non tocchi le pareti del contenitore, perché in quel caso il materiale fonderebbe. Un'altra riguarda il guadagno energetico: ogni reatore efficiente dovrebbe produrre più energia di quanta ne consuma per generare il plasma necessario alla fusione. C'è poi il problema dell'ignizione, ossia l'energia necessaria per l'avvio del processo di fusione, prima di arrivare all'autosostentamento - la soglia oltre la quale la fusione si mantiene senza ulteriore apporto di energia esterna.
Piani a confronto. Il progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), che pure gode investimenti importantissimi (per la sua costruzione non si contano più i miliardi già impegnati e ancora da impegnare), non genererà comunque energia almeno fino al 2040. Come possono bastare 5 anni alla Lockheed per arrivare a un prototipo del suo reattore, del quale peraltro non si conosce nulla?
Il design. Alcune indiscrezioni parlano di una configurazione mirror, con due potenti campi magnetici posti ad ogni estremità della macchina, a tenere in sospensione le particelle di plasma che cercano di sfuggire alle estremità dell'asse.
Altre parlano di una geometria a cuspide del reattore, e di una configurazione a staccionata, con gli elettromagneti disposti in fila, come gli anelli di una tenda, a produrre campi magnetici più intensi in direzione del centro dell'asse, in grado di respingere le particelle di gas, tenendole lontane delle pareti della macchina.
NUOVI Problemi... Qualunque sia la configurazione ingegneristica, per gran parte della comunità scientifica non sarebbe comunque risolto il problema del carico termico. Per lo meno, non alle dimensioni proposte: per aggiungere al design della Lockheed uno scudo termico capace di non fare fondere il reattore, occorrerebbe una macchina lunga almeno 18 metri. Senza contare, aggiungono alcuni scienziati, che se la compagnia avesse davvero simili tecnologie a disposizione, i dati sarebbero facilmente pubblicabili su una rivista scientifica di rilievo, del calibro di Nature. Le esigenze di segretezza militare bastano, a giustificare tanta evasività?
... E VECCHIE QUESTIONI. Non è neppure escluso che il misterioso mix di ingegneria e design sia in qualche modo da ricondurre alla presenza in Italia (mai ufficilmente confermata) di funzionari di "una importante compagnia americana" un paio di anni fa, a Milano, per una dimostrazione di una delle varianti di Lenr (reazioni nucleari a bassa energia, che equivale a dire fusione fredda) derivate - si diceva in quel periodo - dalle sperimentazioni di Andrea Rossi e del suo fantomatico E-Cat. Se così fosse, la chimera della fisica prenderebbe forma. Ma è così?
IMMAGINI DA UN TEMPIO DELLA SCIENZA