Un tentativo di modificare geneticamente le piante di manioca, tra le più importanti fonti di carboidrati nell'alimentazione umana, ha prodotto come conseguenza virus mutanti resistenti ad ulteriori interventi umani. La disavventura che è rimasta confinata ai laboratori dell'Università di Alberta (Canada) è una nuova dimostrazione degli effetti indesiderati associati alla CRISPR-Cas9, la tecnica di editing genetico impiegata sempre più spesso anche nella ricerca agraria.
A differenza dei vecchi metodi per creare organismi geneticamente modificati, la CRISPR-Cas9 non introduce geni estranei negli organismi da modificare, ma interviene con precisione sul patrimonio genetico esistente. Permette di modificare determinati punti del genoma, un po' come potrebbe accadere - più gradualmente - con le mutazioni selezionate in natura (per approfondire).
Alimento base. La manioca o cassava (Manihot esculenta) è una radice commestibile molto ricca di amido, coltivata come alimento primario in Sud America, Asia e Africa. Per circa un miliardo di persone è la principale fonte calorica, ma una malattia virale chiamata virus del mosaico (per via delle striature che forma sulle piante colpite) causa la perdita del 20% dei raccolti, con gravi conseguenze sulla sicurezza alimentare di chi pratica un'agricoltura di sussistenza.
Arma di difesa. I ricercatori hanno utilizzato le forbici molecolari per creare piante di cassava capaci di "tagliare" il DNA del virus del mosaico e diventare resistenti alla sua azione distruttiva. Prima ancora di essere sfruttata come strumento di ingegneria genetica, la CRISPR-Cas9 è una tecnica usata dai batteri per difendersi dai virus batteriofagi. Il team canadese ha trasferito questa strategia di difesa alle piante, per renderle inattaccabili. Ma le cose non sono andate come previsto, e i ricercatori hanno analizzato centinaia di DNA virali presenti nelle piante infettate per capire cosa fosse successo.
uno pari. Secondo i ricercatori, poiché il processo sottopone i virus a una pressione di selezione, che li costringe a evolvere più velocemente in risposta al danno subito, l'intervento potrebbe avere incoraggiato i patogeni a evolvere resistenza all'intervento umano. Una porzione del genoma virale analizzato compresa tra il 33% e il 48% mostrava infatti una mutazione che conferiva al patogeno resistenza contro l'azione di sfaldamento del "bisturi" molecolare.
Il team canadese invita chi lavora a tecniche di editing genetico per conferire resistenza antivirale alle piante a considerare questo tipo di effetto collaterale, prima che questi test possano approdare sul campo.