Lo scienziato inglese James Lovelock è morto nel giorno del suo 103° compleanno. Lovelock era nato il 26 luglio del 1919 a Letchworth Garden City, nel Regno Unito.
Tutti lo conoscono come il padre di Gaia, l'idea che il nostro Pianeta sia descrivibile come un enorme essere vivente capace di autoregolarsi. Ma James Ephraim Lovelock è stato molto di più. Ha cominciato la sua attività di ricerca in medicina. Ha poi sviluppato alcuni sensori per la misura dell'inquinamento atmosferico che hanno portato alla scoperta della presenza di clorofluorocarburi (Cfc), le molecole responsabili del buco dell'ozono (poi bandite dall'industria). Alcuni suoi esperimenti sono stati usati dalla Nasa, per la ricerca della vita su Marte.
Ha visto e sperimentato il progresso della scienza nei decenni, lo ha fatto sempre da battitore libero e rompendo gli schemi. Anche ultimamente quando ipotizzava un futuro cibernetico. Qui di seguito, una intervista che avevamo pubblicato su Focus in occasione dei suoi 100 anni.
James Lovelock, che ha compiuto 100 anni lo scorso luglio, è uno degli scienziati più influenti del nostro tempo. Ha lavorato per il governo britannico durante la Seconda guerra mondiale, e successivamente negli anni Settanta per la Nasa nella missione Viking su Marte. Fu allora che ebbe l'ispirazione per sviluppare l'Ipotesi Gaia, l'idea che la Terra sia un sistema interconnesso e autoregolante. Nel suo nuovo libro Novacene: The coming age of hyperintelligence, sostiene che l'"era antropozoica" dell'influenza umana sul Pianeta sta per finire, e che sta per cominciarne un'altra, che vedrà come protagonisti esseri superintelligenti.
Intanto, grazie per il caffè, ma perché ci mette i cubetti di ghiaccio?
Per renderlo bevibile. Un cubetto di ghiaccio raffredda il caffè ottanta volte meglio dello stesso volume di acqua a 0 °C.
Dimenticavo che sto parlando con uno scienziato... A proposito, potrebbe raccontarci come è nato il suo interesse per la scienza e il problem solving?
Be', mio papà era un cacciatore-raccoglitore e grazie a lui ho imparato a conoscere l'ambiente. Conosceva tutti i posti dove gli uccelli facevano il nido, i luoghi dove scovare animali, piante e insetti, e tutti i loro nomi. Mi ha educato in mezzo alla natura.
Quindi è a causa della sua formazione che è diventato un ambientalista?
No! Questo termine mi fa pensare a un accademico di città con una visione piuttosto rigida di come dovrebbero andare le cose. Io sono molto più rilassato, prendo il mondo come viene.
E la natura mi trasmette tanta felicità.
Lei è finito nell'occhio del ciclone per alcune sue idee, come l'atteggiamento a favore dell'energia nucleare.
Ha mai pensato che la maggior parte dei soldi che girano nel Regno Unito deriva dalle industrie di combustibile fossile? Che probabilmente spendono parecchio in propaganda anti-nucleare.
Quindi lei ritiene che sia una discussione pilotata da qualcuno?
Certo. Il nucleare sta facendo molti progressi: la più recente forma di energia nucleare utilizza, invece dell'uranio, il torio, un elemento che è quasi impossibile inneschi una reazione a catena incontrollata o provochi danni.
Come ha fatto un povero ragazzino del Sud di Londra a diventare uno dei più influenti scienziati del nostro tempo?
Una mia zia sposò un membro dei Leakey (una famiglia britannico-keniota di archeologi e militari, ndr): loro mi diedero lezioni di dizione affinché perdessi il mio accento, che era tipico della classe operaia.
Non potevo permettermi di andare all'università, quindi feci un apprendistato, e il mio responsabile mi pagò i corsi serali. Così conseguii una laurea all'Università Birkbeck di Londra.
La guerra scoppiò quando lei aveva 20 anni. Combatté?
No. Il Regno Unito richiamò tutti i propri scienziati: mi coinvolsero in strani affari scientifici di cui non posso ancora parlare. Era molto interessante, ma alcune idee erano folli. Appiccarono un fuoco in mare, sulla Manica: Churchill pensava che i tedeschi si sarebbero spaventati. Versarono enormi quantità di petrolio nell'oceano, quando ce n'era pochissimo per i caccia.
Dopo la guerra, si occupò di cose piuttosto "bizzarre", per così dire, al National Institute for Medical Research a Mill Hill, nei pressi di Londra.
Il mio compito principale era congelare animali interi e riportarli in vita per testare alcune tecniche di rianimazione. Scoprii che affinché un animale sopravvivesse a lungo una volta congelato, doveva avere una certa composizione di acidi grassi nel sangue: i criceti erano perfetti. Ma dovevo verificarlo, per provare che non mi sbagliavo. A due piani da dove lavoravo, Archer Martin aveva appena inventato il gascromatografo: avrei potuto servirmi dell'apparecchio per analizzare gli acidi grassi presenti nell'animale. Quindi andai a trovarlo con il mio campione, ma mi rispose che avrebbe avuto bisogno di una quantità cento volte superiore a quella che gli avevo portato. Insomma, avrei dovuto fare una strage di criceti: ero depresso. Poi mi disse: "Oppure, potresti inventare un rivelatore più sensibile".
In due settimane l'avevo costruito, e grazie al mio nuovo rivelatore il gascromatografo venne messo sul mercato e fece fare un sacco di soldi all'istituto.
E così arrivò in California...
Una mattina del 1961 trovai una lettera sulla mia scrivania. Era del direttore delle Space Flight Operations della Nasa: mi chiedeva di aiutarli a disegnare l'apparecchiatura da inviare su Marte e sulla Luna, per analizzare il terreno e vedere se c'erano segni di vita. Avevano una sonda minuscola, il Pioneer 1, e io avevo costruito il rivelatore chimico di gran lunga più sensibile al mondo. Misurava solo qualche centimetro e con pochi watt di energia poteva inviare un segnale da Marte sulla Terra.
Com'era la Nasa a quei tempi?
Meravigliosa. Ma i suoi biologi erano una delusione, non avevano idea di cosa stavano cercando. Finii nei guai con il capo: a causa mia erano sempre giù di morale. Un giorno mi chiese: "Che cosa faresti se volessi trovare forme di vita su Marte?". Senza pensarci, risposi: "Cercherei una riduzione dell'entropia". La mia risposta lo fece morir dal ridere, ma mi diede due giorni per tirar fuori un esperimento pratico, o mi avrebbe mandato via.
Una riduzione dell'entropia comporta un aumento nella complessità, implica che la vita sta creando ordine. Ma come fare a misurarla?
Mentre ero a letto, improvvisamente capii: bastava analizzare l'atmosfera di Marte. La presenza di gas che interagivano avrebbe significato bassa entropia.
Perché, al contrario, la presenza di gas in equilibrio avrebbe significato entropia aumentata?
Esattamente. Il mio capo era davvero emozionato: avevamo un esperimento pratico che divenne parte della missione Viking. Quindi ora la sera posso guardare il cielo, osservare Marte e pensare che lassù ci sono un paio di mie cosette che hanno permesso di capire che non c'è vita su Marte.
E tutto questo l'ha portato a formulare l'ipotesi che la Terra sia un sistema vivente che si autoregola?
Sì, perché la quantità di ossigeno nella nostra atmosfera è troppo alta, il che suppone una riduzione entropica enorme, e non ha senso. Ma se vedi la Terra come un sistema che produce materia organica e ossigeno nell'atmosfera, rendendo il tutto una miscela combustibile la cui energia poi ritorna a nutrire il sistema vivente...
... la puoi vedere come un gigantesco superorganismo. Come le è venuto in mente il nome della teoria?
Lo scrittore William Golding era un mio amico e vicino di casa; aveva studiato fisica all'Università di Oxford.
Un giorno mi disse: "Se hai intenzione di venirtene fuori con una grande teoria sui pianeti, sarà meglio che tu le dia un buon nome. Ti consiglierei di chiamarla Gaia".
Un nome davvero favoloso…
Sì, be', all'inizio ero sorpreso. Pensavo intendesse dire "gyre" ("gaia" e "gyre", vortice, in inglese sono assonanti, ndr), poiché avevamo da poco parlato di spirali. Invece si riferiva alla dea greca, e quel nome mi è rimasto impresso. I biologi lo odiavano, così come gli americani, ma alla maggior parte dei geofisici europei piacque.
Fu più difficile affermare le sue idee e pubblicare le sue ricerche perché era uno scienziato indipendente?
La Nasa mi aveva consigliato di diventare un collaboratore esterno, sostenendo che avrei fatto più soldi. Ma senza un'affiliazione, non potevo pubblicare i miei articoli scientifici. Inviai a Nature il primo pezzo sulla riduzione dell'entropia che avevo redatto per la Nasa. Avevo già pubblicato su Nature senza problemi dozzine di articoli scritti mentre ero a Mill Hill, ma questo lo rispedirono subito al mittente. "Non pubblichiamo articoli inviati da indirizzi privati. Sono quasi sempre scritti da svitati", mi dissero. Un amico, un professore di cibernetica all'Università di Reading, mi suggerì di diventare visiting professor lì. Così feci, e accettarono e pubblicarono la mia ricerca. Quello fu il primo articolo britannico sull'esplorazione di altri pianeti.
Da quando pubblicò l'Ipotesi Gaia, l'idea che la Terra sia un insieme di sistemi interconnessi si è diffusa sempre di più. Cresce anche la preoccupazione per l'effetto che l'umanità sta avendo sui sistemi del Pianeta, spingendoci verso l'Antropocene, l'era degli umani.
Credo che stiamo procedendo dritti verso il post-Antropocene, il Novacene. Sono convinto che l'umanità chimico-fisica abbia fatto il suo tempo. Abbiamo messo sottosopra il Pianeta e ora ci stiamo muovendo verso un mondo di sistemi, verso una nuova specie cibernetica. E la cosa è grandiosa: i sistemi che funzionano con dispositivi ottici o elettronici sono fino a diecimila volte più veloci dei nostri (neuroni, ndr). Tutto questo apre enormi possibilità.
Quindi noi e il resto del mondo naturale sopravviveremo accanto ai cyborg?
Be', non è detto che ciò che è naturale svanisca completamente, ma sarà meno fondamentale. La gente presuppone che l'umanità si estinguerà, ma è assurdo. Siamo molto più veloci e avanzati delle piante, ma questo non significa che le piante siano scomparse: anzi, ci piace averle in mezzo a noi.
Mi immagino sempre uno di questi nuovi cyborg affacciato a una terrazza mentre osserva gli umani...
Sembra un azzardo fantascientifco. E quando comincerà il Novacene?
Non ne sono sicuro, forse è già iniziato.
Lei ha 11 bisnipoti che probabilmente vivranno in un mondo più caldo. Pensa che sopravvivranno?
Immaginando che arrivi il sistema Novacene, la capacità di pensiero degli esseri che lo abiteranno sarà almeno diecimila volte, se non un milione di volte, più veloce della nostra. Non ho dubbi che sopravvivremo: guardi cosa abbiamo fatto migliorando la nostra intelligenza. Forse è un discorso un po' religioso, ma penso che noi e i cyborg abbiamo interesse comune alla nostra esistenza. Dobbiamo solo aspettare, e vedere cosa accadrà.
Quindi è un fatalista?
Se le piace chiamarmi così.
Lei ha visto un secolo di cambiamenti della Terra e dell'umanità... ma che mi dice di lei? È cambiato come persona?
Questo dovrebbe chiederlo a Sandy, che sta ancora con me. È stata una storia d'amore straordinaria: la conobbi a una riunione al Blenheim (Palace), ma quasi non ci parlammo. L'ultimo giorno la vidi con un gruppetto di signore. Si girò e mi guardò, io la guardai e ci mettemmo a camminare l'uno verso l'altra senza dire una parola. Tutto qui.
Santo cielo. Be', ora inizio a comprendere il suo fatalismo!
Ho vissuto la mia vita felicemente, facendo esperimenti e trovando risposte (quasi sempre quelle che cercavo). Ho avuto una buona vita. Non ricca, dal punto di vista finanziario, ma una buona vita.