Scienze

È possibile ricostruire il nostro volto partendo dal DNA?

Presto, forse, sarà possibile risalire al volto di una persona a partire dal suo DNA. Ma fino a che punto può spingersi la scienza forense?

Chissà che in un episodio di qualche serie tv non l’abbiano già fatto. Ma nella vita reale, è possibile capire che aspetto ha qualcuno semplicemente analizzando il suo DNA? La risposta è: forse. L’incertezza è dovuta al fatto che gli scienziati ci vanno cauti, mentre alcune società che operano nel campo della sicurezza assicurano di esserci già riuscite. Chi dice il vero?

Fenotipi. Anzitutto una premessa. Ricostruire le caratteristiche fisiche dai dati genetici è un'operazione scientificamente nota come fenotipizzazione del DNA e ha già dato risultati. Nel 2010, i biologi forensi Manfred Kayser e Susan Walsh hanno sviluppato HirisPlex, un sistema che, analizzando sei marcatori del DNA, riesce a "indovinare" se qualcuno ha occhi blu o marroni. Successivamente hanno incluso ulteriori marcatori per individuare il colore dei capelli quello della pelle. Chiunque si sia sottoposto ad analisi genetiche può caricare sul sito il file con i propri dati e scoprire se HirisPlex ci prende davvero.

Previsioni. Riconoscere colori, comunque, non è esattemente come ricorstruire la struttura di un volto a partire da una piccola traccia di DNA. L’anno scorso i ricercatori di Human Longevity (una società americana che si occupa di ricerche genetiche a scopi medici) si sono spinti ben oltre, effettuando misurazioni dettagliate delle caratteristiche fisiche di circa 1.000 persone. Questi dati, abbinati a quelli ottenuti dal sequenziamento del genoma (il nostro codice genetico), hanno consentito ai ricercatori di creare modelli in grado di prevedere la struttura del volto in 3D, ma anche altre caratteristiche come la voce, l'altezza, il peso, il colore degli occhi e colore della pelle e persino la voce.

Lo studio non ha convinto tutta la comunità scientifica, anzi in molti l’hanno messo fortemente in discussione: primo tra tutti il celebre Yaniv Erlich, informatico della Columbia University, conosciuto nell’ambiente come “l’hacker del Genoma”, che ha spiegato come quel software non sia in graado di predire i volti, ma possa dare soltanto indicazioni generiche sui tratti somatici (la società, ovviamente, ha risposto che è Erlich sbagliarsi).

Due identikit ricostruiti a partire dai dati genetici. Ricostruzioni di questo tipo vengono già usate da alcune forze di polizia americane. © Parabon-Nanolabs

Al servizio della legge. Human Longevity non è l’unica società a vantare di poter cogliere un volto tra le informazioni del DNA: diverse forze di polizia americane, infatti, usano già i servizi della Parabon NanoLabs, che afferma di essere in grado di prevedere con precisione l’aspetto fisico di una persona a partire dal DNA: il loro sistema si basa su un modello predittivo, sviluppato applicando l’intelligenza artificiale al loro database di riferimento genetico.

Questo permetterebbe loro di prevedere - a partire da un campione di DNA - il colore della pelle, degli occhi e dei capelli, ma anche la presenza di lentiggini e la forma del viso. Queste previsioni sarebbero poi affidate a un esperto (in carne e ossa) di identikit forensi per creare un profilo.

Anche il metodo Parabon genera parecchio scetticismo, perché si basa - tra le altre cose - su un algoritmo segreto. L’azienda si limita a sottolineare che non si ritiene responsabile di eventuali abusi nel caso di abusi, per esempio nel caso in cui qualcuno decidesse di usare queste ricostruzioni per ingannare i sistemi di riconoscimento facciale.

L’ipotesi di impiegare queste tecnologie è al momento prematura: il livello di accuratezza garantito da questi sistemi non è ancora sufficiente per mettere al riparo da errori giudiziari e dal rischio di falsi positivi. Per ora i vari metodi allo studio potrebbero servire più per escludere un eventuale sospetto, che per individuarlo. Il che comunque rappresenterebbe comunque una conquista per la scienza forense

Tratti poligenici. Ma quando i tempi saranno maturi, quali connessioni tra DNA e caratteristiche fisiche saremo in grado di individuare? Quanto tempo ci vorrà per arrivarci? Alcune funzionalità sono relativamente facili da prevedere. Per esempio, il colore degli occhi può essere dedotto da un numero relativamente limitato di varianti genetiche. Altri tratti sono invece più complicati perché “poligenici” (le varianti geniche che interagiscono tra loro per produrre la caratteristica sono più numerose). È il caso del colore del capelli: dopo aver studiato il DNA di circa 300.000 persone, i ricercatori del King's Erasmus MC di Rotterdam hanno scoperto 124 geni che contribuiscono al colore dei capelli, influenzando direttamente la produzione e la distribuzione della melanina del pigmento naturale o attraverso altri meccanismi biologici. E la previsione di alcuni colori (neri o rossi) si è rivelata più affidabile di altri (biondi o castani).

La blockchain del DNA. Non solo: il modo in cui il DNA codifica le nostre caratteristiche fisiche potrebbe variare a seconda dei gruppi ancestrali. Attualmente, la nostra capacità di prevedere i tratti dei moderni europei sembra più efficace che con altri gruppi, perché i database genetici sono dominati da soggetti con origini europee.

In un prossimo futuro, secondo i genetisti, la disponibilità di sistemi di apprendimento automatico sempre più sofisticati, applicati a database di DNA più grandi, potrebbero aumentare le nostre capacità al punto di consentirci di prevedere anche i tratti somatici partendo dal DNA: insomma, potremmo essere davvero capaci di ricostruire un volto.

A quel punto il vero problema sarà proteggere i nostri dati genetici con metodi innovativi. C’è già chi pensa di fare ricorso a database protetti da sistemi di crittografia e blockchain (il sistema con cui più utenti di una rete condividono risorse informatiche, potenza di calcolo eccetera) come avviene già, per esempio, con i bitcoin.

12 maggio 2018 Eugenio Spagnuolo
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