Il 13 ottobre è la
Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri. Viene celebrata ogni anno con l’obiettivo di valorizzare la capacità delle persone e delle comunità di ridurre i rischi delle catastrofi naturali e diffondere conoscenze e consapevolezza riguardo all’importanza delle pratiche di prevenzione e mitigazione. Ecco il quadro della situazione dell’anno scorso redatti da AGIRE, l’agenzia italiana per la risposta alle emergenze
Le emergenze nel mondo nel 2012
Nel corso del 2012 si sono registrate
357 catastrofi naturali che hanno colpito oltre
124 milioni di persone e causato danni per un ammontare complessivo di più di
157 miliardi di dollari. Tra i 120 paesi interessati, i principali cinque (Cina, Stati Uniti, Filippine, Indonesia e Afghanistan) sono ormai stabili nella lista dei paesi più colpiti.
La
Cina in particolare ha subito lo scorso anno ben 13 alluvioni, 8 tempeste, 7 terremoti e un periodo di caldo torrido. Per numero di persone colpite, le alluvioni che hanno colpito la Cina nel mese di giugno sono risultate la catastrofe più devastante (17,4 milioni). Il paese ha subito un’altra alluvione ad aprile (13,1 milioni di persone coinvolte) e 2 tempeste ad agosto (9,8 milioni): di conseguenza, quasi il 35% delle vittime di disastro è stato nel 2012 di nazionalità cinese. La siccità e la carenza di cibo hanno colpito molte persone in
Kenya (3,8 milioni), Mali (3,5 milioni), Sudan (3,2 milioni), Corea del Nord (3 milioni), Niger (3 milioni) e Burkina Faso (2,9 milioni). Più del 20% delle popolazioni di Lesotho, Gambia, Mali e Niger sono state colpite da disastri naturali nel corso dell’anno. Ma c’è anche una
buona notizia: il numero ufficiale di persone uccise dai disastri naturali nel 2012 (9.655) è stato il
più basso dell’ultimo decennio e significativamente inferiore alla media del periodo 2002/2011 (pari a circa 107 mila vittime). Questo dato è legato fondamentalmente alla prevalenza nell’anno di disastri legati a eventi atmosferici e climatici e alla totale assenza di terremoti catastrofici. La media del decennio è stata di poco meno di 68 mila vittime di terremoto all’anno, contro le solo 711 del 2012. Il disastro che ha provocato più morti (1.100) è stato il tifone Bopha, che ha colpito le Filippine nel dicembre 2012. Per contro, i
danni economici provocati dalle catastrofi naturali nel 2012 sono stati superiori quasi del 10% alla media del periodo (157 miliardi contro 143). Il disastro più “costoso” dell’anno è stato l’uragano
Sandy, con danni complessivi pari a circa 50 miliardi di dollari. Seguono la siccità che ha colpito il Midwest americano nella seconda metà dell’anno (20 miliardi), il terremoto in Emilia-Romagna nel mese di maggio (15,8 miliardi), le alluvioni nella regione di Pechino a luglio (8 miliardi) e, infine, i tornado negli Stati Uniti a marzo (5 miliardi). Tre paesi –
USA, Cina e Italia – hanno subito l’86% di tutti i danni riportati. Perché avvengono i disastri?
I disastri si verificano per diverse ragioni, ma sono tre i fattori principali che stanno contribuendo alla crescita dei rischi:
I cambiamenti climatici
Numerosi studi confermano l’aumento del rischio di catastrofi connesse alle condizioni climatiche. I cambiamenti climatici stanno gradualmente innanzando la temperatura media, il livello dei mari e la quantità delle precipitazioni atmosferiche. Le aree subtropicali diverranno progressivamente più aride e colpite da fenomeni di siccità cronica che provocheranno degradazione delle terre coltivabili, danni ai raccolti e perdita di bestiame. I cicloni tropicali diverranno più intensi, con velocità del vento estreme e maggiori precipitazioni. Queste ultime saranno causa di una serie più frequente di alluvioni e frane. Con l’aumento delle temperature, i ghiacciai si scioglieranno e aumenterà il rischio di alluvioni ed esondazioni.
L’urbanizzazione
Il 50% della popolazione mondiale vive all’interno di una città. Questa proporzione continuerà a crescere nei prossimi anni: si stima che entro il 2030, saranno 5 miliardi le persone residenti in ambito urbano (pari a circa il 61% della popolazione mondiale, che si prevede raggiungerà gli 8,1 miliardi). Tre miliardi di persone vivranno all’interno di uno slum. I rischi derivanti da questa evoluzione sono evidenti. Otto tra le 10 più popolose città sul pianete sono vulnerabili ai terremoti; 6 possono essere colpite da alluvioni e tsunami. Ventuno, tra le 33 metropoli che entro il 2015 conteranno almeno 8 milioni di residenti, sono situate in aree costiere e sono vulnerabili a catastrofi naturali connesse ai cambiamenti climatici (tra cui Dhaka, Shanghai, Manila, Jakarta e Mumbai).
La povertà
La povertà e le diseguaglianze socio-economiche sono fattori di rischio centrali. I livelli di vulnerabilità ai disastri dipendono in misura rilevante dallo status economico di individui, comunità e nazioni. Non è un caso che le comunità povere sono state le più colpite dall’uragano Katrina negli USA e che Haiti è stato il paese caraibico più devastato nella stagione degli uragani del 2008. La sproporzione con cui i disastri colpiscono le comunità e i paesi più poveri ha molte cause. Tra i fattori più influenti vi è l’inadeguatezza delle infrastrutture e la limitata capacità dei paesi meno sviluppati di investire nella prevenzione e nella mitigazione dei rischi. I poveri spesso vivono in edifici o in spazi fisici le cui caratteristiche e la cui localizzazione contribuiscono ad aumentare i rischi connessi ai disastri. Il degrado ambientale Le comunità spesso contribuiscono a innalzare i rischi di disastro o ad aumentarne la gravità attraverso la distruzione di naturali difese ambientali costituite da foreste, barriere coralline e zone umide. Circa la metà delle foreste sono scomparse. Il 60% delle barriere coralline potrebbero svanire nei prossimi 20-40 anni. L’espansione dei deserti e la devastazione delle terre coltivabili minaccia circa un quarto della superficie terrestre complessiva. Più di 250 milioni di persone sono direttamente colpite dai fenomeni di desertificazione.