Scienze

Dighe si, dighe no

L'impatto ambientale delle dighe

Un tratto del Reno, nessuna nuova diga per trarre energia

I 23 metri di altezza delle cascate del Reno a Schaffhausen (Svizzera) facevano gola alle società che producono energia elettrica attraverso le dighe. Quel salto d’acqua poteva produrre tanta nuova energia. E trasformare quel salto in un progetto è stato relativamente facile. Le cascate del Reno sono la più grande cascata d’Europa e un “Monumento naturale d’importanza nazionale”, che si inserisce in uno dei tratti fluviali del Reno di maggior pregio ecologico e paesaggistico. Ma alla metà di maggio 2014 i cittadini del Cantone di Schaffhausen sono stati chiamati ad esprimersi se volevano o no quella nuova centrale. Risultato: quasi il 60% dei votanti si sono dichiarati contrari e hanno preferito tutelare il “monumento nazionale”.

Alla vigilia le associazioni ambientaliste avevano messo in guardia che con la costruzione della centrale d’inverno la cascata si sarebbe ridotta a un rigagnolo tra le rocce. “Il netto risultato dimostra che la popolazione non è disposta a sacrificare i più preziosi gioielli naturali a una miope politica energetica”, afferma Stefan Kunz, direttore dell’associazione per la protezione delle acque Aqua Viva. In questo caso, forse, ne è valsa la pena. Ma non ovunque è così In Austria però, le cose vanno in modo diverso. Sono ormai alcuni anni che diversi tratti fluviali sono sacrificati alla produzione di energia elettrica. L’associazione Umweltdachverband ha quantificato la portata del fenomeno: 88 impianti sono attualmente in costruzione o sono appena terminati, altri 212 sono i progetti giacenti, il 52% dei quali sorgerebbe in aree molto sensibili, ossia all’interno di aree naturali di grande importanza e in tratti fluviali in ottime condizioni ecologiche.

Secondo la Cipra, che fornisce questa notizia, dei 300 progetti complessivi realizzati o in fase di realizzazione, appena il 16% sono miglioramenti di impianti esistenti; sono quindi 253 i progetti di nuove centrali. Un esempio positivo Nella valle della Romanche, nei pressi di Grenoble (Francia), cinque dighe e sei centrali idroelettriche sbarrano il fiume omonimo. Ora la società francese EDF sta smantellando cinque degli impianti idroelettrici costruiti circa 60 anni fa, per sostituirli con un nuovo impianto ad acqua fluente con centrale in caverna. Al termine dei lavori nel 2017, entrerà così in funzione la nuova centrale idroelettrica, la più grande della Francia, con un aumento della produzione del 30% rispetto alle precedenti 6 centrali.

Con il progetto di ammodernamento e potenziamento, del costo di 250 milioni di euro, si otterranno anche un miglioramento delle possibilità di migrazione per piante e animali, migliori condizioni ecologiche nel tratto sotteso e un aumento delle portate di rilascio.

“Questo progetto dimostra come sia possibile un miglior utilizzo dei siti sfruttati da vecchie centrali, con vantaggi sia per l’ambiente che per la produzione di energia”, sostiene in un rapporto l’organizzazione mondiale per la conservazione della natura IUCN.

Dunque non è corretto, come si sente da alcune parti, incriminare in modo univoco le centrali idroelettriche, che da sempre sono state indicate come “fonti d’energia pulita” o “fonti rinnovabili”, perché se si incriminano le centrali nucleari per la loro pericolosità intrinseca e per i rifiuti radioattivi, se si incriminano le centrali a combustibili fossili per l’inquinamento, se si incriminano le centrali eoliche per l’impatto visivo e le centrali idroelettriche a 360 gradi per l’impatto ambientale, da dove traiamo energia?

16 giugno 2014 Luigi Bignami
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