Dove c'è acqua c'è anche vita, si è soliti pensare, per lo meno nel campo dell'esobiologia, la scienza che studia la possibilità di vita extraterrestre: individuare tracce liquide su un esopianeta è in genere un ottimo inizio per chi spera che, in fondo, non siamo soli nell'Universo. Questo assunto non è però così scontato, come rivela una nuova serie di analisi compiute nella depressione di Danakil o della Dancalia, nella regione di Afar, tra Etiopia ed Eritrea: un'area che sorge nel punto di incontro di tre placche tettoniche, punteggiata di piscine geotermali con acque caldissime, iperacide e ipersalate, che esalano gas tossici alimentati da un cono vulcanico sottostante (il Dallol).
Niente vita, fino a prova contraria. Questo ambiente infernale è in genere considerato il più caldo deserto abitato (da microrganismi) del Pianeta, ma secondo il nuovo studio, pubblicato su Nature Ecology & Evolution, chi in passato vi ha visto tracce di vita potrebbe aver preso un abbaglio. Il team di scienziati del Centre national de la recherche scientifique francese guidato da Jodie Belilla, microbiologa dell'Université Paris-Sud, è ricorso a diverse tecniche di analisi molecolare e microscopica per cercare tracce di vita in vari campioni prelevati da quattro zone della piana di Afar, durante tre diverse spedizioni sul campo tra il 2016 e il 2018.
Secondo gli scienziati, le rare tracce riconducibili ad archei (microrganismi elementari le cui cellule sono senza nucleo) e a possibili frammenti di DNA batterico, sarebbero in realtà legate a successive contaminazioni di origine umana. Per il resto, non è stata trovata alcuna evidenza inequivocabile della presenza di estremofili. Una delusione ma, in parte, anche una rivelazione: non è affatto detto che dove c'è acqua, quaggiù e su altri pianeti, ci sia anche vita.
Due estremi sono troppi. Due sarebbero le barriere che impediscono in questo luogo la proliferazione di microrganismi "estremi". La prima è la coesistenza di ambienti allo stesso tempo iperacidi e ipersalini - rari ma comunque presenti sulla Terra, come nella regione di Afar. Alcuni estremofili si sono adattati a pH estremamente bassi, altri a livelli esagerati di salinità, ma sopportare entrambe queste condizioni non sembra, stando allo studio, possibile. Il secondo impedimento è l'alta concentrazione, nell'area, di sali di magnesio, che distruggono le membrane cellulari.
Aspetto ingannevole. Il team ha inoltre individuato, nelle piscine esaminate, nanogranuli ricchi di silicati che potrebbero somigliare a cellule, e che a una prima analisi rischiano di confondere chi si reca a Danakil per cercarvi la vita.
Nelle acque vicino al cono vulcanico di Dallol, che sono estremamente salate, ma non iperacide, sono invece presenti diverse varietà di estremofili, che fanno sperare si possa trovare qualcosa di simile nelle brine ghiacciate e salate incapsulate sotto la superficie di Marte.