Il Dna del più famoso animale di laboratorio rivela misteri e segreti.
La copertina della rivista Nature, su cui è stato pubblicato il genoma del topo da laboratorio. |
Il Dna del compagno di mille ricercatori in tutto il mondo è stato completamento messo in chiaro. In una conferenza stampa, la rivista scientifica Nature ha annunciato che quattro gruppi di ricerca hanno completato la lettura del genoma di Mus musculus (il nome latino del topo di laboratorio), svelando alcuni particolari interessanti e fondamentali per le future ricerche. Il primo è che il genoma del roditore contiene circa 30.000 geni, molti meno di quanto si pensasse; poi si è scoperto che è del 14 per cento più piccolo di quello umano, e che circa l'80 per cento dei geni sono in comune con la nostra specie. Il numero di geni in comune è così alto che molte delle ricerche che si fanno sul topo potranno essere applicate con ancora maggiore sicurezza all'uomo; grazie alla pubblicazione della sequenza, studiare malattie cardiache, diabete e schizofrenia si rivelerà più facile. Uno dei gruppi ha scoperto che quasi un terzo del Dna non serve affatto per codificare le proteine, ma probabilmente ha una funzione di controllo sul resto del patrimonio genetico; e che persino il cosiddetto “Dna spazzatura” potrebbe essere indispensabile per controllare l'attività degli altri geni.
Ricerca italiana. Insieme all'articolo principale, la rivista ne pubblica altri, tra i quali un importante lavoro, firmato anche da alcuni ricercatori italiani dell'istituto Telethon di genetica e medicina guidati da Andrea Ballabio. L'articolo disegna il profilo dell'espressione dei geni (cioè il momento e il luogo in cui questi geni si attivano) presenti nel cromosoma 21 umano. Si è raggiunto questo obiettivo perché molti geni del cromosoma umano sono presenti anche nel topo, anche se in cromosomi diversi, ed è stato quindi possibile rintracciare la loro azione nello sviluppo embrionale del topo.
Scrutare nei geni. Con questo lavoro si è compreso come e quando entrano in azione i geni stessi, e questo potrebbe permettere ai ricercatori di trovare i segreti per alcune malattie umane gravi e diffuse, come molteplici aspetti della sindrome di Down o la malattia di Alzheimer. A detta della dottoressa Valeria Marigo, che fa parte del gruppo di lavoro, questo è il primo passo che potrà portare a cure migliori per i malati di sindrome di Down. Anche se i passi successivi, la prevenzione e la cura del ritardo mentale, sono ancora molto lontani.
(Notizia aggiornata al 5 dicembre 2002)