Questa settimana 155 anni fa, il 24 novembre 1859, Charles Darwin dava alle stampe L'origine delle specie, uno dei capisaldi della storia della letteratura scientifica, che avrebbe rivoluzionato le conoscenze pregresse sull'evoluzione.
In occasione di questo anniversario, 16 mila scansioni in alta definizione dei manoscritti originali del naturalista inglese sono state rese disponibili online, nell'ambito del Darwin Manuscripts Project a cura del Museo Americano di Storia Naturale.
Genesi di un best-seller. Gli scritti, disponibili in questo archivio digitale, coprono un arco di tempo di 25 anni, un periodo di esplorazione scientifica che inizia dalla fine del viaggio a bordo della nave Beagle, un'avventura durata 5 anni e iniziata nel 1831, durante la quale il giovane Darwin ebbe modo di visitare Canarie e isola di Capo Verde, Sud America e Galapagos, Australia, Nuova Zelanda e Tasmania.
Appunti e disegni. I documenti, pieni di appunti, riflessioni e scarabocchi scritti con una grafia fitta e spesso incomprensibile, mostrano le prime comparse della teoria della selezione naturale, della speciazione (il processo evolutivo attraverso cui si formano nuove specie) e dell'albero della vita.
Oltre alla scienza dura e pura, c'è spazio anche per una nota più divertente e personale: i disegni dei figli di Darwin sul retro di alcuni manoscritti.
In particolare, si può osservare una scena a colori di pappagalli, fiori e farfalle, e un combattimento tra soldati a cavallo di frutta e verdura disegnate da Francis Darwin sul retro di quei fogli di "brutta" che oggi hanno assunto un valore inestimabile (e in un'epoca in cui la carta si usava con una certa parsimonia).
L'altra metà. La rimanente parte dei 30 mila manoscritti disponibili sarà digitalizzata entro giugno del prossimo anno. Tali scritti risalgono a un periodo compreso tra il 1835 e il 1882.
E a proposito di evoluzione, un divertente TED video (in inglese) sui falsi miti legati a questo tema. Clicca qui per vederlo con i sottotitoli in italiano (clicca su sottotitoli)
Osservata per la prima volta nel 2003, la rana viola (Nasikabatrachus sahyadrensis) ha lasciato di stucco i ricercatori: il corpo esageratamente gonfio dell'anfibio originario dell'India sembra appena uscito da una lunga fase di lievitazione. Non si sa di preciso a cosa sia dovuta questa caratteristica: la rana viola, il cui muso termina in un'appuntita proboscide, è anche piuttosto rara. Finora se ne sono osservati 135 esemplari, dei quali solo tre femmine.
Foto: © Sandesh Kadur/Nature Picture Library/contrasto
La folta barba del cinghiale barbato (Sus barbatus), diffuso nel Sudest asiatico, gli darà anche un'aria da hipster, ma risulta forse un po' scomoda quando si infanga o si riempie di terra. La peluria parte dalle orecchie e arriva fino alla bocca: fortunatamente le narici del mammifero sono sistemate su una struttura mobile e a forma di disco che si protende verso l'esterno. Pertanto il senso dell'olfatto dell'animale è piuttosto ben sviluppato.
Foto: © Nick Garbutt/Nature Picture Library/contrasto
Non è un travestimento pensato per Halloween: il pesce prete (Uranoscopus sulphureus) mantiene questa faccia da zombie per l'intera esistenza. Fortunatamente attende le sue prede quasi completamente sepolto nei fondali sabbiosi dell'Indopacifico, da dove sporgono soltanto occhi e denti aguzzi.
Foto: © Jurgen Freund/Nature Picture Library/contrasto
La faccia tonda e sorridente, il "naso" schiacciato e un ciuffetto spettinato di tentacoli in testa: il calamaro maialino (Helicocranchia pfefferi) è uno dei più azzeccati esempi della fantasia di Madre Natura. Una striscia di pigmenti colorati disegna un sorriso sul corpo, grande come un'arancia, della creatura acquatica, che con la sua faccia disneyana si aggira per le profondità oceaniche facendosi luce grazie a organi bioluminescenti, posti proprio dietro agli occhi.
Foto: © Gary Florin, Cabrillo Marine Aquarium
Qualcuno potrebbe insinuare che, durante il processo evolutivo della loro specie, i pipistrelli Hipposideros vittatus siano caduti a terra, e che il loro naso sia rimasto schiacciato. L'animale, diffuso nell'Africa subsahariana, è comunque un campione di ecolocazione ed emette ultrasuoni che usa per scovare i coleotteri di cui è ghiotto, che cattura direttamente in volo.
Foto: © Field Museum of Natural History
Le zanne del babirussa (Babyrousa babyrussa), un parente dei cinghiali endemico di alcune isole della Sonda (Malesia) interrogano i biologi per la loro inutilità: particolarmente fragili, e oltretutto rivolti all'indietro, questi canini eccessivamente sviluppati possono arrivare a incurvarsi tanto da forare il cranio dell'animale e mettere a rischio la sua incolumità. Sono probabilmente uno scomodo residuo delle origini primitive del suinide.
Foto: © Nick Garbutt/Nature Picture Library/contrasto
Non è uno scherzo: questo pesce sembra davvero aver esagerato col rossetto. Il pesce pipistrello dalle labbra rosse (Ogcocephalus darwini) si incontra prevalentemente sui fondali delle isole Galapagos, a circa 30 metri di profondità. Non è un grande nuotatore e usa le pinne pettorali per spostarsi, quasi camminando, sui fondali marini. Attira i piccoli crostacei di cui si nutre grazie a un'esca posta sul capo.
Foto: © Fred Bavendam/Minden Pictures/contrasto
Una lunga proboscide con cui fiuta continuamente l'aria, e corte zampe munite di "dita": il tapiro, imparentato con i cavalli ma anche con i rinoceronti, è forse uno degli erbivori più strani, per le caratteristiche anatomico-estetiche che lo rendono simile a un fossile vivente. La sua dentatura è straordinariamente antica rispetto a quella di altri erbivori, come i cavalli. Anche le sue abitudini sono molto diverse da quelle dei suoi parenti più prossimi: si sposta molto spesso in acqua, immergendosi quasi completamente, ed è molto schivo. Se l'uomo è nei paraggi, esce dalle foreste del Centro America e del Sudest asiatico solo di notte.
Foto: © Staffan Widstrand/Nature Picture Library/contrasto
Nel caso del pesce luna (Mola mola) sembra che l'evoluzione si sia dimenticata di sviluppare la parte posteriore del corpo. Il bestione, lungo fino a 3 metri, pare avere il corpo composto solo dalla testa e dal torace, e terminante senza la tipica coda dei pesci: ha soltanto una pseudocoda, che serve da timone. E due grandi pinne, dorsale e anale, che usa come remi, per sposarsi in modo piuttosto goffo in mare aperto.
Foto: © Hiroya Minakuchi/Minden Pictures/contrasto
Ad alcuni ricorda un bruco, ad altri sembra quasi un robot strisciante: ma molti, quando guardano il tardigrado (gen. Macrobiotus) al microscopio elettronico, pensano quasi a un minuscolo e simpatico orsacchiotto (non per altro gli inglesi lo chiamano "water bear", orso d'acqua). Questi buffi e primitivi invertebrati (fino a 1,5 millimetri di lunghezza) sono in realtà un capolavoro dell'evoluzione: basta un sottile strato d'acqua per farli sopravvivere in qualunque habitat, dalle profondità oceaniche alla cima dell'Himalaya, dall'Antartide ai continenti più caldi. Si nutrono per lo più di cellule vegetali.
Foto: © © STEVE GSCHMEISSNER/Science Photo Library/Corbis
Uno spettacolare arcobaleno colora i cieli di James Island dopo un temporale. Siamo alle Galapagos, un arcipelago di 14 isole vulcaniche situate nel Pacifico a circa 1000 km dalla costa dell'America Meridionale.
Trasformate in Parco Nazionale dal governo dell'Ecuador nel 1959, le Galapagos ospitano un ecosistema unico al mondo: il relativo isolamento geografico e la varietà di climi garantiti dalle correnti marine, ha fatto sì che su queste isole si sviluppassero una flora e una fauna endemiche, tipiche di questi luoghi. Fu proprio dalla loro osservazione che, a metà del XIX secolo, Charles Darwin trasse ispirazione per formulare la sua teoria dell'evoluzione.
Foto: © © Barry Lewis/In Pictures/Corbis
Un maschio di fregata (Fregata magnificens) gonfia la sua sacca gulare per farsi bello nella stagione del corteggiamento. È un uccello di grandi dimensioni: può arrivare a 1,6 kg di peso per 115 centimetri di apertura alare. Si ciba di meduse, calamari e pesci ed è diffuso in tutte le regioni tropicali e subtropicali.
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Foto: © © Wayne Lynch/All Canada Photos/Corbis
La Fregata magificens è un uccello dalle doti di volo eccezionali: può trascorrere giorni e notti senza mai posarsi, veleggiando sulle termiche - sfruttando cioè le correnti ascensionali per salire fino a 2500 metri di quota, per poi scendere a pesca sulla superficie dell'oceano.
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Foto: © © zpics - Flickr
Un leone marino si crogiola al sole sulla spiaggia di James Island, alle Galapagos. Della stessa famiglia delle otarie, si distingue dalle foche per la presenza dei padiglioni auricolari.
Foto: © © Ron Watts/First Light/Corbis
Un cucciolo di leone marino guarda curioso una turista. La vita di questi animali è dura fin dai primi istanti di vita: la madre, infatti, in caso di pericolo non esita ad abbandonare il piccolo al suo destino per mettersi in salvo. L'apparente crudeltà di questo comportamento permette però alla specie di sopravvivere, preservando la femmina, che dopo un anno sarà di nuovo fertile.
Foto: © © Cynthia Perry - Flickr
Un pellicano marrone (Pelecanus occidentalis) in volo nei cieli delle Galapagos. È un grande tuffatore: si lancia tra le onde anche da 15 metri per catturare i pesci di cui si nutre.
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Foto: © © REUTERS/Guillermo Granja
Lungo fino a 20 metri per 34 tonnellate di peso, lo squalo balena è il più grosso pesce esistente. È distribuito in tutti i mari temperati e tropicali della Terra. Assolutamente pacifico, si ciba di plancton e gamberetti che cattura per filtrazione, convogliando nella sua enorme bocca fino a 2 milioni di litri di acqua l'ora.
È una tra le specie di squali più minacciate: in molti paesi del mondo è cacciato per le sue carni, mentre il suo fegato è un importante ingrediente della medicina popolare cinese.
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Foto: © © REUTERS/Jonathan Green/Galapagos
Un sub nuota accanto a un Dermatolepis dermatolepis, un grosso pesce di barriera diffuso in tutto il Pacifico Meridionale. Lungo fino a 1 metro, è un predatore piuttosto scaltro. È solito infatti seguire i pesci vegetariani per catturare i crostacei smossi dal loro passaggio, ma anche le murene per approfittare dei pesci che al loro sopraggiungere scappano impauriti.
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Un' iguana si scalda al sole tra le rocce di Punta Albemarle, sull'Isola Isabella. In natura questi animali possono arrivare anche 2,5 metri di lunghezza. Sono molto robusti: possono cadere senza riportare danni anche da 10-15 metri di altezza. In molte zone del Sud America questo rettile viene cacciato e servito come specialità gastronomica.
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Foto: © © REUTERS/Jorge Silva
Un banco di pesci al largo dell'isola di Floreana visto dagli occhi tridimensionali di Google Street View, che dopo essere passato per le strade delle nostre città, aver visitato i musei più importanti del mondo, il CERN e aver attraversato l'Antardide... si è tuffato anche in mare.
# Street View cattura la bellezza delle Galapagos
Foto: © Da Google Street View
Uno squalo martello caccia nelle acque antistanti l'Isola dei Lupi. L'estremità del muso così schiacciata permette all'animale di localizzare con grande precisione le sue prede. Questa zona è infatti ricca di organi chiamati ampolle di Lorenzini, che gli consentono di orientarsi per mezzo del campo magnetico terrestre e di individuare i campi elettrici emessi da altri esseri viventi. Grazie a queste strutture, lo squalo martello può localizzare segnali elettrici anche di mezzo milionesimo di volt.
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Un granchio rosso delle rocce (Graspus Graspus) in attesa della sua preda. Sulle spiagge delle Galapagos non è raro osservare questo crostaceo insieme alle iguane, alle quali offre un efficace servizio di pulizia eliminando insetti e parassiti annidati tra le pieghe della loro pelle.
Foto: © © REUTERS/Jorge Silva
Il vulcano Cerro Azul durante la sua ultima eruzione, nel maggio del 2008. Con i suoi 1689 metri di altezza è il picco più alto delle Galapagos. Le sue eruzioni, anche se non frequenti, sono sempre state piuttosto violente. Nel 2008 il fiume di lava in uscita dal vulcano ha costretto l'esercito a spostare 735 tartarughe giganti per metterle in salvo.
# GALLERY: vulcani nel mondo
Foto: © © REUTERS/Guillermo Granja
Una sula piedazzurri (Sula nebouxii), uno dei più formidabili uccelli pescatori esistenti. Ama cacciare in mare aperto, dove si tuffa ad ali spiegate da oltre 30 metri di altezza entrando in acqua a più di 100 km/h di velocità.
# VIDEO:
in volo con gli uccelli più veloci del mondo
Foto: © © Nicolas de Camaret - Flickr
Una buona notizia per il Darwin Day.? Da oltre 100 anni non si aveva più alcuna traccia della testuggine gigante Chelonoidis elephantopus, una delle tante delle Galapagos, da tempo considerata estinta. Ma oggi un’ambiziosa ricerca di un gruppo di scienziati dell’Università di Yale, di cui fanno parte i due italiani Claudio Ciofi e Adalgisa Caccone, riaccende le speranze di trovarne ancora qualcuna in vita.?
Studiate nel 1835 anche da Charles Darwin, nel 2008 vennero scoperti 11 loro geni in esemplari della specie Chelonoidis becki, con cui evidentemente la specie originaria si era riprodotta prima di estinguersi, alla fine dell’Ottocento: è probabile che pirati e balenieri abbiano trasportato qualche esemplare dall’isola Floreana, di cui sono originarie, all’isola Isabela, dove invece vivevano le C. becki.? Ma è del mese scorso la pubblicazione degli insperati risultati del team di Yale.
Analizzando il Dna di 1669 tartarughe (circa il 20% della popolazione) che vivono sul vulcano Wolf (isola Isabela), i ricercatori hanno scoperto che 84 di loro discendono direttamente dalle C. elephantopus, la specie “estinta”. Questo può significare una sola cosa: dato che 30 delle 84 tartarughe hanno meno di 15 anni, almeno un esemplare di C. elephantopus dal sangue puro è vivo e si è accoppiato non più di 15 anni fa. Le speranze sono quelle di trovare in vita le testuggini, determinarne la purezza in base al Dna e tentare di farle riprodurre in allevamento, con l’obiettivo di reintrodurle poi nel loro habitat naturale, ripopolando così l'isola originale dell’arcipelago.
Foto: © Norbert Wu/Science Faction/Corbis
Quando il termometro sale, le dimensioni degli esseri viventi si riducono. Gli scienziati l'hanno imparato esaminando fossili animali di passate ere geologiche caratterizzate, come quella che stiamo vivendo, da un innalzamento delle temperature. Per esempio, durante il massimo termico del Paleocene-Eocene, un periodo iniziato 55 milioni di anni fa e durato all’incirca 175 mila anni, l’incremento di anidride carbonica negli oceani e in atmosfera determinò un aumento delle temperature globali medie di alcuni gradi. Come risposta, molti mammiferi, tra cui il primo antenato noto del cavallo (leggi la notizia), rimpicciolirono considerevolmente.
La cosiddetta legge di Bergmann (la massa corporea è inversamente proporzionale alla temperatura: basti pensare alla mole dei mammut lanosi) è oggi di stretta attualità: un filone di studi evolutivi sembra infatti suggerire che a causa del riscaldamento globale, molti animali - mammiferi ma anche pesci, rettili, anfibi e insetti - stiano riducendo le proprie dimensioni: una taglia ridotta aiuterebbe infatti a disperdere meglio il calore e richiederebbe un minore apporto di cibo. Se fosse vero, si tratterebbe di un fatto clamoroso, perché se in passato l’innalzamento delle temperature è avvenuto nell’arco di decine di migliaia di anni, il global warming è un fenomeno che riguarda in particolar modo gli ultimi 50 anni. Sarebbe la prima volta nella storia della Terra che gli esseri viventi dimostrano di sapersi adattare così velocemente alle mutate condizioni ambientali.
Per gli animali a sangue freddo come questo drago di Komodo (Varanus komodoensis Ouwens) l'innalzamento delle temperature potrebbe sembrare una benedizione. Ma è una supposizione sbagliata. Il calore in eccesso provocherebbe l'accelerazione del metabolismo di questi vertebrati, che si ritroverebbero così a consumare un surplus di energia anche nei momenti di inattività. Se il termometro dovesse salire, per ipotesi, di 6 °C entro il 2100, rettili e anfibi avrebbero bisogno di assumere, per mantenere le stesse dimensioni corporee, il 75% di cibo in più. Per un drago di Komodo, significherebbe l'equivalente di 200 polli extra all'anno.
Sangue caldo: conviene davvero?
Foto: © © Joe McDonald/Corbis
La lince canadese (Lynx canadensis) che qui vediamo affaccendata intorno a un topolino, si nutre prevalentemente di lepri scarpa da neve (la lepre americana, Lepus americanus). Ma la scarsità di prede e le temperature più miti - che sembrano favorire la sopravvivenza degli individui più piccoli, con minori pretese in fatto di cibo - avrebbero causato una progressiva riduzione della taglia di questi felini negli ultimi 50 anni. Lo dimostrerebbe un'analisi compiuta su oltre 500 scheletri di linci vissute negli scorsi decenni.
Che cosa accadrebbe, invece, se gli animali diventassero sempre più grassi, o addirittura obesi, come succede all'uomo nei paesi industrializzati? Difficile che una simile eventualità si verifichi in natura, ma un film d'animazione prova a immaginare le conseguenze: ecco il trailer di Rollin' Safari, un film d'animazione che sarà presentato ad aprile allo Stuttgart Festival of Animated Film 2013 (Germania).
Foto: © © Tom Brakefield/CORBIS
All'esercito di animali in piena fase di rimpicciolimento si aggiunge la pecora di Soay, tipica delle Highlands scozzesi e tra i primi animali a essere stati addomesticati in Europa. Tra il 1985 e il 2007 le sue dimensioni sarebbero diminuite del 5%, a causa degli inverni più miti registrati nel suo habitat naturale. Gli animali più piccoli disperdono il calore più velocemente: sono quindi meglio adattabili a climi più caldi e, per contro, più vulnerabili a temperature più basse. Ecco perché mentre la Terra si riscalda, la tendenza media registrata nel mondo animale è quella di rimpicciolire.
L'antenato del cavallo e le temperature "restringenti": leggi
Inverni gelidi e nevicate record: colpa del riscaldamento globale
Foto: © © Steve Austin; Papilio/CORBIS
Per il merluzzo (Gadus morhua) e altre specie ittiche il problema è duplice: come molti animali a sangue freddo, anche questi pesci con l'aumento delle temperature hanno bisogno di più cibo e ossigeno, ma le acque calde contengono una percentuale minore di ossigeno e la crescita dei pesci è così ostacolata.
Inoltre, esistono più pesci nelle acque tropicali e poiché è qui che gli effetti del global warming si fanno maggiormente sentire, queste creature migrano verso mari più freddi, facendo ridurre le dimensioni medie globali delle riserve ittiche. Un recente studio canadese compiuto su 600 specie di pesci sostiene che questi animali sarebbero destinati a rimpicciolire anche di un quarto entro il 2050. Senza considerare altri, gravissimi problemi come l'acidificazione delle acque e l'overfishing.
Foto: © © Jan Van Arkel/ Foto Natura/Minden Pictures/Corbis
Con l'innalzamento delle temperature molti animali a sangue freddo, incluse api e farfalle, accelererebbero il proprio metabolismo invecchiando più velocemente e raggiungendo prima la fase adulta. Ma la crescita in dimensioni sembrerebbe non avvenire altrettanto velocemente, così queste creature sono in media più piccole rispetto agli scorsi decenni. Un fenomeno che in futuro potrebbe incidere negativamente sugli equilibri interni alla catena alimentare e sulla produzione agricola, di cui gli insetti impollinatori sono parte essenziale.
Altri effetti collaterali inattesi del riscaldamento globale
Foto: © © Frans Lanting/Corbis
Ma c'è anche chi, a causa del riscaldamento globale, starebbe aumentando di stazza. La martora americana (Martes americana), un mustelide che vive nelle fredde foreste di conifere di Canada e Nord America, sta mettendo su peso, in media, forse perché gli inverni meno rigidi - con il conseguente disgelo anticipato - garantiscono una certa facilità nel reperire le prede.
Foto: © © Joe McDonald/Corbis
La complessità degli effetti del global warming sul mondo animale sarebbe, secondo gli esperti, ben incarnata dal caso del merlo acquaiolo (Cinclus cinclus). Questo pennuto usa le proprie ali per nuotare sott'acqua e infilarsi nelle correnti a caccia di piccoli invertebrati. Anche se il suo peso non è particolarmente cambiato negli ultimi 20 anni, uno studio effettuato su una popolazione di merli della Sierra Nevada (Spagna) ha evidenziato come le ali di questi uccelli si siano allungate, e le zampe siano rimpicciolite. Il cambiamento sarebbe dovuto alla scarsità d'acqua nei fiumi, che avrebbe cambiato le abitudini dei merli. Ora i pennuti tendono a cacciare di più fuori dall'acqua: ecco perché servono ali più lunghe.
Foto: © © Paul Hobson/ Foto Natura/Minden Pictures/Corbis
